Riunione ad oltranza in serata al ministero del Lavoro per evitare «la macelleria sociale per 4 mila lavoratrici delle pulizie nelle scuole». La vertenza dei 16 mila ex Lavoratrici socialmente utili (Lsu) e «appalti storici» che da lunedì 2 marzo saranno internalizzate nel servizio di pulizia, ausiliariato e decoro nelle scuole italiane va avanti da mesi con le denunce dei sindacati. Il processo di internalizzazione – il primo di questa entità – escluderà infatti 4mila addetti – in carenza dei requisiti previsti dalla procedura selettiva per titoli previsti dal decreto ministeriale – mentre per altri 4.500 si prospetta l’assunzione a contratto part-time.

IL GOVERNO SI È TRASCINATO il problema con un rimpallo tra ministero dell’Istruzione (Miur) e del Lavoro, dove ieri dalle 13,30 in poi si è tenuto il tavolo con i sindacati. Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltrasporti avevano chiesto la presenza della presidenza del consiglio che non potendo essere presente per l’emergenza coronavirus ha costretto alla spola i rappresentanti del ministero.

«La volontà di trovare una soluzione» espressa dal governo cozza con i tempi strettissimi. Quasi tutti le 12 mila lavoratrici sono già state convocate dagli Uffici scolastici territoriali che – secondo le graduatorie – le hanno assegnate alle scuole in cui lunedì firmeranno il contratto a tempo indeterminato con i dirigenti scolastici e prenderanno servizio.

IL REQUISITO DI ALMENO DIECI anni di anzianità lavorativa ne esclude ben 4mila che da lungo tempo lavorano negli appalti gestiti dalla Consip a livello regionale. Circa 1.100 escluse sono nel Lazio, 600 in Campania, 300 in Emilia-Romagna, 280 in Puglia, 270 in Toscana. Per loro non è previsto alcun ammortizzatore sociale.

Ci sono poi 4.500 che saranno assunte a tempo parziale – anche la divisione fra posti full time e part time è contestata dai sindacati – con il dimezzamento dell’orario di lavoro e delle retribuzioni.
A Brescia ad esempio delle 312 lavoratrici negli appalti, nonostante fossero stati accantonati 41 posti full time e 242 part time, solo 94 domande sono state accolte: da lunedì ben 218 addette saranno senza lavoro e ammortizzatori.

Ieri è stata una giornata campale. In mattinata le imprese in appalto, che mesi fa hanno dovuto presentare le procedure di licenziamento collettivo, in extremis hanno proposto al Miur una proroga degli appalti. Una soluzione che non trova favorevoli i sindacati, i quali ritengono l’internalizzazione «un percorso positivo e irreversibile, ma fatto male e senza valutare le conseguenze». «Ad ora non c’è il coinvolgimento necessario del governo per risolvere il problema, ci auguriamo che in queste ore si riesca ad aprire un dialogo proficuo per salvaguardare tutte le lavoratrici», spiega Cinzia Bernardini, segretario nazionale Filcams Cgil.

DA MESI FILCAMS CGIL, Fisascat Cisl e Uiltrasporti sollecitavano al governo «una soluzione complessiva che consentisse di realizzare la continuità occupazionale e di reddito a tutte le lavoratrici e i lavoratori, a cominciare dall’ampliamento della platea dei lavoratori coinvolti». La richiesta precisa era di «abbassare da 10 a 5 anni il requisito di anzianità lavorativa» per far rientrare gran parte delle lavoratrici escluse e, in subordine, «di coinvolgere le Regioni, le pubbliche amministrazioni e le imprese degli appalti per ricollocare i lavoratori che non hanno i requisiti», fino «all’attivazione di meccanismi di accompagnamento alla pensione». L’altra emergenza riguardava «un Decreto ad hoc per prevedere un ammortizzatore dedicato per gestire le varie fasi dell’internalizzazione evitando che i lavoratori si ritrovino fuori».

In Campania poi la situazione è aggravata dal caso del consorzio Manital: quasi 4 mila addetti del Lotto 6 sono senza retribuzione da settembre. Il gruppo piemontese, dichiarato insolvente dal tribunale di Torino, è stato commissariato dal Mise. Dopo giorni di pressioni, i tre commissari incontreranno Cgil, Cisl e Uil martedì 3 marzo.