Tutta l’Europa mediterranea produce in condizioni di grave sfruttamento i prodotti ortofrutticoli destinati in gran parte ai mercati del Nord. In Italia il modello si sta estendendo e non risparmia regioni un tempo immuni come ad esempio il Piemonte. Questo fenomeno è il prodotto di una filiera talvolta malata che scarica costi e disagi sul soggetto più debole, i braccianti, spesso migranti di origine africana o dell’Est Europa. Le sconvolgenti immagini degli immigrati a Rosarno o nel Tavoliere delle Puglie sono il simbolo del lato oscuro della filiera agroalimentare dove ci sono sfruttamento, caporalato, illegalità, discriminazione. Le chiamano «filiere sporche» e interessano circa 400.000 lavoratori, stranieri nell’80% dei casi. Un’emergenza sociale drammatica da cui prende le mosse la campagna «Buoni e Giusti Coop» che vede in prima linea Coop, il più grande marchio della grande distribuzione in Italia con i 1100 punti vendita e oltre 8 milioni di soci-consumatori.

Sono 13 le filiere ortofrutticole considerate più esposte ai rischi di illegalità e dove più frequentemente emergono episodi di sfruttamento dei lavoratori. Pianificando gli interventi per tenere conto della stagionalità, si attueranno così controlli cominciano dalla filiera degli agrumi. Poi sarà la volta delle fragole, del pomodoro, dei meloni, delle angurie, dell’uva, delle patate novelle e di altri 5 ortaggi di largo consumo. Saranno coinvolti non solo gli 80 fornitori ortofrutticoli di prodotto a marchio Coop (per 7200 aziende agricole), ma tutti gli 832 fornitori nazionali e locali di ortofrutta (per oltre 70.000 aziende agricole).

A tutti i fornitori Coop ha chiesto di sottoscrivere l’adesione ai principi del Codice Etico, che contempla una serie di impegni per il rispetto dei diritti dei lavoratori e prevede l’esecuzione di un pian di controlli a cui non si può venir meno, pena in caso di non-adesione l’esclusione dal circuito. Inoltre Coop ha intensificato i controlli; sotto esame la filiera degli agrumi (clementine e arance Navel) indagata dagli auditor di Bureau Veritas, società leader nei servizi di ispezione, di verifica di conformità e di certificazione.

L’altro versante della campagna «Buoni e Giusti Coop», in raccordo con un progetto lanciato a livello ministeriale nel 2015, è l’impegno chiesto alle 7200 aziende agricole dei prodotti a marchio Coop di iscriversi alla Rete del Lavoro Agricolo di Qualità. Un’impresa che aderisce a questo standard garantisce di essere un’azienda pulita, in regola con le leggi e i contratti di lavoro, di non aver riportato condanne penali e non avere procedimenti in corso.

Nella conferenza stampa di presentazione della campagna, il presidente di coop italia, Marco Pedroni, ha sottolineato che «il nostro è un impegno costante, sistematico e non di facciata, il rischio è che l’impresa “cattiva” scacci quella buona, e che la ricerca del prezzo più basso possibile faccia a pugni con i diritti delle persone. La campagna “Buoni e Giusti” con tutto ciò che ne consegue vuole essere un apri-pista per intervenire concretamente sulla realtà dello sfruttamento. Il nostro è un discorso etico, il nostro impegno è nel contrasto al lavoro nero e anche nel combattere le frodi alimentari».