L’ex presidente catalano Carles Puigdemont è libero di lasciare il Belgio quando vuole. Il giudice spagnolo del Tribunale supremo a capo ormai di tutte le indagini contro i politici indipendentisti ha ritirato ieri mattina l’ordine di cattura europeo emesso dall’Audiencia nacional più di un mese fa e che pendeva sulla testa dell’ex president e su quella degli altri ex consellers che si erano rifugiati in Belgio per sfuggire all’arresto. L’insperato colpo di scena in realtà non cambia le intenzioni reali del magistrato Pablo Llarena: arrestare Puigdemont e gli altri non appena mettano piede in territorio spagnolo.

Il rischio più che concreto, che Llarena ha così evitato, era quello che la giustizia belga limitasse il numero di reati che il giudice di Madrid avrebbe potuto indagare. Secondo la maggior parte degli osservatori, infatti, i reati di sedizione e ribellione (ma non quello di peculato) non trovano un equivalente nel codice belga: pertanto, Llarena temeva che anche qualora il giorno 14 il Belgio avesse accordato l’estradizione, si sarebbe trovato di fronte alla complicata situazione di non poter indagare per i reati più gravi per la giustizia spagnola il principale responsabile degli atti dell’ex governo catalano.

Lo ha spiegato lo stesso avvocato di Puigdemont, Jaume Alonso-Cuevillas sulle reti sociali: Llarena avrebbe ritirato l’ordine di cattura europeo «per la probabilità di ricevere uno schiaffo dalla giustizia belga». In questo modo, spiega, «la giustizia spagnola evita il rischio di essere messa in ridicolo internazionalmente. O perché dall’eventuale estradizione si sarebbero potuti scartare i delitti più gravi, la ribellione e la sedizione, per la loro chiara connotazione politica. O, che è ancora più grave, perché l’estradizione avrebbe potuto essere negata del tutto perché in Spagna non esistono sufficienti garanzie di un processo giusto».

Ma ora si dà il caso di un ex presidente, nonché candidato alle elezioni, a piede libero, anche se lontano; e quello di un ex vicepresidente, Oriol Junqueras, candidato per Esquerra Republicana, invece ancora in carcere per il rischio che dopo le elezioni del 21 dicembre potrebbe di nuovo tornare a delinquere «promuovendo atti di violenza», come ha scritto il giudice nell’atto in cui lunedì gli ha negato la scarcerazione. In ogni caso, due ottimi motivi di indignazione per i 2 milioni di elettori indipendentisti. Anche se fra loro Esquerra era la favorita, la lista di Puigdemont sembra guadagnare punti, ma Erc non si è ancora impegnata ad eleggere l’ex president nel caso gli indipendentisti tornassero ad ottenere la maggioranza.