Mercoledì sera, mentre l’Assemblea generale delle Nazioni Unite si accingeva ad ‎approvare una risoluzione di condanna di Israele per l’uso della forza contro le ‎manifestazioni palestinesi a Gaza, a Ramallah (Cisgiordania), i reparti ‎antisommossa della polizia ed agenti dei servizi di sicurezza dell’Anp si scagliavano ‎con violenza contro le centinaia di dimostranti che protestavano contro le sanzioni ‎imposte dall’Autorità nazionale palestinese (Anp) alla Striscia di Gaza. In particolare ‎il mancato versamento degli stipendi ai dipendenti pubblici che ha gettato nella ‎disperazione migliaia di famiglie. Lacrimogeni, pestaggi, manifestanti trascinati via ‎sull’asfalto per decine di metri. I poliziotti non hanno mancato di colpire e ‎distruggere telecamere e smartphone dei giornaliti, due dei quali, stranieri, sono ‎stati fermati. ‎«Avevamo deciso di scendere in piazza, sfidando il divieto a ‎protestare» racconta al manifesto Reem K., ‎«prima hanno chiuso le strade, poi i ‎poliziotti hanno cominciato a lanciare i candelotti lacrimogeni e granate stordenti ‎per allontanarci. Infine hanno caricato. I peggiori sono stati gli agenti in borghese ‎del mukhabarat (servizio di intelligence, ndr), ci colpivano con violenza come fanno ‎gli israeliani. Due persone sono state arrestate all’uscita dell’ospedale dove erano ‎andate per farsi medicare». Alla fine i fermi sono stati decine, una quindicina dei ‎quali sono stati confermati in arresti.

‎ Domenica scorsa le forze di polizia non erano intervenute, tranne che in alcuni ‎casi, contro il corteo di circa duemila palestinesi che, sempre contro le sanzioni che ‎colpiscono Gaza, aveva attraversato il centro di Ramallah. Stavolta il consiglio dei ‎ministri dell’Anp e lo stesso presidente Abu Mazen hanno prima dato l’ordine di ‎vietare le proteste e poi di reprimerle con la forza. Per l’Anp quelle manifestazioni ‎sarebbero state organizzate dal movimento islamista Hamas, che controlla Gaza, per ‎mettere il difficiltà il governo di Ramallah e i rivali del partito Fatah in ‎Cisgiordania. Una versione lontana dalla realtà perché domenica e mercoledì sono ‎scesi in strada palestinesi di ogni orientamento politico e religioso, gente comune, ‎attivisti notoriamente impegnati contro l’occupazione israeliana, con l’unico scopo ‎di contestare le misure dell’Anp contro Gaza che danneggiano soltanto la ‎popolazione civile già costretta ad affrontare ogni giorno una crisi umanitaria ‎sempre più seria e le conseguenze del blocco attuato da Israele. ‎«Abbiamo assistito ‎a un crimine e al superamento di tutte le linee rosse nella gestione delle ‎contraddizioni interne e dei rapporti nazionali‎», ha protestato il Fronte popolare ‎‎(marxista), la più importante delle forze della sinistra palestinese. Il sindacato dei ‎giornalisti punta il dito contro il premier e il ministro dell’interno Rami Hamdallah ‎che avrebbe ‎«la piena responsabilità per le aggressioni‎», e annuncia che ‎presenterà ‎«denunce contro i capi degli apparati di sicurezza che hanno ordinato di ‎attaccare i giornalisti». Protesta anche Hanan Ashrawi, del Comitato esecutivo ‎dell’Olp, Hanan Ashrawi, che ha chiesto la revoca delle sanzioni contro Gaza decise ‎da Abu Mazen nel improbabile tentativo di provocare una rivolta popolare contro i ‎rivali di Hamas. Al contrario le misure punitive, annunciate un anno fa dal ‎presidente e rinnovate dopo l’ennesimo fallimento del processo di riconciliazione ‎nazionale ripreso lo scorso autunno, stanno accrescendo il risentimento della ‎popolazione, e non solo quella di Gaza, contro l’Anp e la stessa presidenza ‎palestinese.

‎ Qualche ora dopo il pestaggio avvenuto a Ramallah, l’Assemblea generale ‎dell’Onu ha adottato con il voto favorevole di 120 paesi una risoluzione che ‎condanna Israele per le uccisioni di 130 palestinesi a Gaza avvenute nelle ultime ‎settimane e chiede al Segretario generale Antonio Guterres l’adozione di un ‎meccanismo internazionale per proteggere i civili palestinesi. Respinta la richiesta ‎degli Stati Uniti di incolpare Hamas. Il voto tuttavia non ha effetti pratici. A ‎differenza del Consiglio di Sicurezza, le risoluzioni adottate dall’Assemblea ‎generale non sono vincolanti. ‎