Alte colonne di fumo che si alzano verso il cielo, una pioggia di lacrimogeni prima in piazza Taksim e poi fin dentro il parco, il gas è arrivato fino all’infermeria «da campo» e tra le decine di tende montate ovunque. Il centro di Istanbul, relativamente tranquillo dopo il ritiro della polizia dalla piazza e i violenti scontri del 31 maggio, è tornato ieri un campo di battaglia. Nonostante i messaggi rassicuranti del prefetto di Istanbul, «non abbiamo in programma un intervento» aveva scritto su twitter, Erdogan ha deciso di andare allo scontro frontale con il movimento Occupy Gezi e ieri mattina verso le sei e mezza, ora italiana, la polizia ha attaccato con estrema violenza i manifestanti che da 15 giorni occupano la piazza per la difesa del Parco Gezi e contro le politiche autoritarie del governo turco.

[do action=”quote” autore=”Il prefetto di Istanbul”]«Non abbiamo in programma un intervento»[/do]

Cento feriti, sei in gravi condizioni e 120 arresti il bilancio degli scontri andati avanti senza soste per undici ore fino a quando la polizia si è ritirata verso le cinque e trenta dalla piazza. Sembrava che gli scontri fossero terminati, ma dopo che più di cinquantamila cittadini avevano risposto all’appello degli attivisti di Occupy Gezi riversandosi nella piazza la polizia ha attaccato di nuovo la folla usando idranti e lacrimogeni e inseguendo i manifestanti mentre scappavano lungo il viale Istiklal e le strette vie del centro.

Durante gli scontri – che proseguono a fasi alterne mentre scriviamo – le forze speciali hanno fatto irruzione nella sede del marxista Partito social democratico, vicino a piazza Taksim, arrestando le persone che si erano rifugiate all’interno del palazzo accusate di aver lanciato molotov contro la polizia e di essere in possesso di armi da fuoco. Gli agenti, che non hanno permesso ai giornalisti di entrare nella struttura, hanno poi mostrato davanti alle telecamere diversi coltelli nuovi e tutti uguali avvolti in una bandiera del partito, un elemento sospetto che potrebbe fare pensare a una montatura. In mattinata, invece, sono scattate le manette per decine di avvocati che avevano organizzato un presidio di solidarietà con il movimento Occupy Gezi all’interno del tribunale di Istanbul. Poco dopo l’inizio della manifestazione la polizia è entrata nel palazzo di giustizia spintonando le persone che manifestavano e che si rifiutavano di lasciare l’edificio. Dopo alcuni momenti di tensione, tra le urla di protesta dei presenti più di cinquanta avvocati sono stati ammanettati e portati via dalle forze dell’ordine. Domani i colleghi di Ankara degli avvocati arrestati hanno lanciato un presidio davanti al Tribunale della città.

Erdogan, che sta assumendo toni sempre più autoritari, intanto cerca di dividere il fronte della protesta. Lunedì il vicepremier Arinç ha annunciato che il primo ministro avrebbe incontrato oggi i «rappresentanti di Occupy Gezi», tuttavia la Piattaforma Taksim, gli organizzatori della protesta a difesa del parco che hanno incontrato lo stesso vice-premier lo scorso 5 giugno, hanno dichiarato di non aver ricevuto alcun invito e secondo le indiscrezioni uscite ieri sera sui media turchi il premier incontrerà invece un gruppo di intellettuali, giornalisti e ambientalisti che hanno avuto un ruolo solo marginale nella protesta e che, secondo Piattaforma Taksim non hanno nessuna legittimità a parlare a nome del movimento. Gli attivisti hanno invece annunciato che nonostante gli episodi di incredibile violenza di questi giorni la protesta va avanti e non hanno nessuna intenzione di lasciare né la piazza né il parco fino a quando le loro rivendicazioni non saranno accolte.

Erdogan, tuttavia ha deciso di andare alla guerra e per mostrare che molti cittadini in Turchia sono dalla sua parte ha organizzato due grandi meeting di suoi sostenitori per questo fine settimana, sia ad Ankara che Istanbul. Sentendosi legittimato dal consenso elettorale raccolto negli ultimi anni, in cui il suo Partito della giustizia e dello sviluppo è stato il protagonista incontrastato della vita politica turca e usando una retorica durissima contro i manifestanti che stanno chiedendo per le strade di tutto il paese una svolta democratica, il primo ministro non ha nessuna intenzione di fare passi indietro aprendo la strada a un’escalation di repressione e violenza.