Il primo giugno 2019 Anthony Joshua, campione in carica dei pesi massimi, viene sconfitto al Madison Square Garden per mano di Andy Ruiz. Andy non è esattamente una giovane promessa, quanto piuttosto un pugile paffuto che, partito sfavorito, mette a segno una delle più grandi sorprese della storia del pugilato.

Sconfitto Golia, Ruiz diventa un eroe. La stampa internazionale celebra la favola del ragazzo sovrappeso, nato a Los Angeles ma di origini messicane, che arriva a diventare campione mondiale dei pesi massimi. Il presidente del Messico Andrés Manuel López Obrador lo definisce l’orgoglio nazionale, e nel paese si scatena una vera e propria “Andymania”.

IL SECONDO, ATTESISSIMO ATTO tra i due pugili andrà in scena il 7 dicembre, in Arabia saudita, ma per i messicani non sarà così facile sostenere il proprio beniamino. Da settembre i sauditi hanno aperto le porte al turismo: sono sufficienti 7 minuti per ottenere un visto turistico sul sito visitarabia.com. Peccato che il Messico non faccia parte dei 49 paesi ammissibili secondo il principe ereditario Mohammed bin Salman. «Se il tuo paese non è nella lista – avverte il sito – rivolgiti alla più vicina ambasciata».

«NON COMBATTO LAGGIÙ»: Ruiz inizialmente si era opposto alla decisione, ma i 10 milioni di dollari dell’ingaggio sono bastati per fargli cambiare idea. La scelta è stata di Eddie Hearn, promoter di Joshua e amministratore delegato della Matchroom Sport, e ha fatto molto discutere.

 

Il principe ereditario Mohammed bin Salman

 

 

 

Ma perché proprio in Arabia saudita? «Sport-washing» è il termine coniato per la prima volta nel dicembre dello scorso anno da Devin Kenney, ricercatore del Golfo per conto di Amnesty International, nel commentare le rivelazioni contenute nei cosiddetti football leaks sugli accordi di sponsorizzazione tra Manchester City e una società emiratina, la Arbatec. È attraverso lo sport che adesso l’emiro cerca di risollevare la propria immagine e la credibilità del paese.

L’ARABIA SAUDITA e il suo principe ereditario MbS mai come in questo momento godono di una stima così bassa da parte del mondo occidentale. Quella che doveva essere una guerra lampo, in Yemen, si è trasformata in un pantano di morte che dura da oltre 5 anni, aiuti statunitensi compresi. Amnesty, nel suo report «Riforme senza i diritti umani», pubblicato nel luglio del 2018, denuncia la sistematica violazione dei diritti umanitari in Arabia saudita; e la morte del giornalista e oppositore Jamal Khashoggi nel consolato saudita di Istanbul ne è l’emblema.

Il principe Abdulaziz bin Turki AlFaisal Al-Saud, presidente della General Sports Authority (GSA), ha dichiarato in conferenza stampa che «l’Arabia Saudita è una nazione di appassionati di sport. Lo sport sarà sempre al centro del nostro governo. Abbiamo sportivi e donne di talento, spettatori coinvolti e una visioneambiziosa per sviluppare il settore sportivo ai massimi livelli».

Il paese ospiterà il suo primo torneo internazionale di tennis alla fine di quest’anno: la Diriyah Tennis Cup avrà un montepremi di 3 milioni. Si giocherà su un campo in cemento, a dicembre, come esibizione di off-season, e vi parteciperanno 8 top player ATP tra cui Stanislas Wawrinka, Daniil Medvedev, Fabio Fognini e David Goffin.

 

il “servizio” di Stanislas Wawrinka con il sito di Diriyah sullo sfondo

 

LO SCORSO 2 NOVEMBRE inoltre si è tenuta una sorta di Coppa del Mondo della WWE, con otto dei migliori wrestler fra Smackdown e Raw, che si sono affrontati sul palco di Riyadh (si è trattato della seconda volta per la WWE in Arabia saudita, dato che precedentemente si era svolto un evento ufficiale, ovvero la Royal Rumble a Jeddah). A Diriyah quest’anno è andata in scena, per la seconda volta, la gara inaugurale del campionato mondiale di Formula-E. Anche La super coppa italiana è di casa a Jeddah dal 2018 e lo sarà anche quest’anno con la sfida Juve-Lazio in programma al King Saud University Stadium di Riyadh, data probabile il 22 dicembre.

«Clash on the dunes», così è stato chiamato l’incontro di boxe tra Joshua e Ruiz in terra saudita, si terrà a 188 miglia dalle piattaforme petrolifere colpite dai droni iraniani il 14 settembre scorso, ma Hearn rassicura: «Li abbiamo contattati e abbiamo chiesto se tutto andava bene, e hanno detto di sì». Diriyah è un sito archeologico Unesco: la nuova struttura sarà in grado di ospitare 15 mila spettatori in un impianto dedicato appunto ai grandi eventi sportivi.

NELLO ZAIRE, oggi Repubblica democratica del Congo, il 30 ottobre del 1974 il dittatore Joseph Desiré Mobutu, che nel 1961 organizzò l’omicidio del primo capo di governo eletto democraticamente nel paese, Joseph Lumumba, grazie anche ai buoni rapporti con gli Stati uniti portò in scena a Kinshasa il match tra Mohammed Ali e George Foreman, noto come Rumble in the Jungle.

L’intenzione dei sauditi è chiaramente quella di seguirne le orme con Clash on The Dunes, presentato come un kolossal del pugilato mondiale .