La grande rimonta di Michele Emiliano in Puglia si gioca su tre possibili assi: il voto disgiunto degli elettori del M5S, il recupero di quel vasto mondo di sinistra che-soprattutto a Bari- si è sentito tradito e accusa il governatore di aver imbarcato troppi personaggi di destra, e la geografia. Già, perché il 20 e 21 settembre la cartina della Puglia si trasformerà in un Risiko con Bari, Brindisi e Taranto di colore rosso, mentre Raffaele Fitto, ex presidente berlusconiano della regione dal 2000 al 2005 e ora riciclato in salsa sovranistra con i vessilli di Giorgia Meloni, pianterà le sue bandierine verdenere nel Foggiano e nel Salento. Con l’area centrale di Barletta-Andria-Trani come terreno di conquista, serbatoio di voti anche per la grillina Antonella Laricchia, senza speranze di vittoria ma molto combattiva, soprattutto contro Emiliano.

FITTO, CHE FU UN PRESIDENTE giovanissimo, a 50 anni si è rifatto il look per sembrare giovane, gira su un suv colorato, capelli lunghi, magliette bianche sotto la giacca scura e fa da scudiero ai due protagonisti sul fronte destro: Matteo Salvini che stringe mani e fa selfie e Giorgia Meloni che si gioca una battaglia campale proprio contro il leader leghista, e con il suo candidato qui e nelle Marche (dopo aver già conquistato l’Abruzzo) tenta la conquista di quasi tutta la costa Adriatica, un’onda nera che la proietterebbe sempre più vicina alla leadership della destra. E così pochi giorni fa si è inerpicata nei vicoli di Bari vecchia per farsi fotografare intenta a fare le orecchiette con le signore del quartiere: impacciata e sorridente, qualche sorriso l’ha strappato. Tanto che il giorno dopo il popolarissimo sindaco Antonio Decaro si è precipitato nei vicoli per spingere il suo candidato Emiliano. «Mi fido di lui», spiega Decaro. «Ha coraggio, è stato bravissimo a gestire l’emergenza».

«Non sono il vecchio che ritorna, non sono una minestra riscaldata. Rivendico il mio buon governo», spiega Fitto. Dicono che Meloni l’abbia candidato per i buoni uffici che lui le ha procurato con la rete dei conservatori europei, con i luoghi di potere che contano a Bruxelles e non solo.

EMILIANO FA EMILIANO. Passa da una riunione all’altra sull’emergenza Covid, maglietta della protezione civile come una seconda pelle, come 10 anni fa faceva campagna con la sciarpa del Bari calcio a maggio inoltrato. Con lui il capo della task force regionale anti-Covid, il virologo Pier Luigi Lopalco, ormai star della tv e assessore in pectore alla Sanità nella prossima (se ci sarà) giunta di centrosinistra. Pochi comizi, molto lavoro, allure decisionista accompagnata a una certa dose di autocritica che dovrebbe servire a rabbonire chi, anche a sinistra, è arrabbiato con lui. «Ho fatto quello che potevo per i pugliesi, ho commesso degli errori ma anche imparato dagli sbagli», spiega al manifesto. E ricorda uno degli sloga chiave di questi ultimi giorni infuocati: «Abbiamo combattuto bene il virus, non si cambia una squadra così».

LA NOVITÀ È CHE qualcosa si sta muovendo negli ambienti di sinistra che gli avevano girato le spalle: la paura di un ritorno alla «preistoria» di Fitto (come ha detto Nichi Vendola) sta facendo sciogliere il ghiaccio. E così dopo l’endorsment del suo predecessore (con cui si era consumata una forte rottura), è arrivato negli ultimi giorni un appello di 50 personalità della sinistra barese al grido di «Non c’è il tempo nemmeno di turarsi il naso, qui c’è soltanto da rimboccarsi le maniche». «Dobbiamo salvaguardare i risultati degli ultimi 15 anni di governo di centrosinistra che hanno permesso alla Puglia di imporsi all’attenzione internazionale», scrivono. Si muove anche il think tank “La Giusta Causa” dell’avvocato Michele Laforgia, che cerca di marcare a sinistra la possibile nuova giunta.

Mondi della sinistra che potrebbero rivelarsi importanti per fare il pieno di voti nel capoluogo, condizione indispensabile per una possibile rimonta di Emiliano, che alcuni mesi fa era in netto svantaggio. Poi grazie alla gestione del Covid ha iniziato a recuperare e ora batte il ferro caldo della sanità, con 200 assunzioni alla vigilia del voto: «Fitto aveva lasciato un buco da 700 milioni e chiuso 22 ospedali. Noi abbiamo i conti a posto e rivendichiamo il diritto ad avere gli stessi soldi e lo stesso personale di Lombardia e Veneto», spiega ancora Emiliano. Consapevole che l’agricoltura e la gestione dei fondi europei sono il suo tallone d’Achille (promette un miliardo contro la xilella e ironizza sul fatto che Fitto ha imbarcato proprio il suo ex assessore all’Agricoltura Leo di Gioia), ma sa che sul turismo i suoi numeri sono incredibilmente migliori di quelli lasciati dallo sfidante nel 2005.

Emiliano gode anche del sostegno dell’ex ministro grillino dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti che è arrivato in Puglia con altri due deputati ex cinque stelle per dire che «Michele è l’unico in grado di portare avanti il buon lavoro cominciato 15 anni fa». Per restare allaò guida della regione, sta cercando di polarizzare il voto in una sfida a due destra-sinistra, ribadendo che il suo programma è simile a quello del M5S su ambiente, turismo e tutela delle coste.

ALLA SINISTRA che storce il naso per i pezzi di destra imbarcati (il più imbarazzante il sindaco di ultradestra di Nardò Pippi Mellone che fa il saluto fascista) risponde che «loro hanno aderito al nostro programma». Pochi giorni fa Renzi e Carlo Calenda dal palco pugliese per il loro candidato Scalfarotto gli hanno sparato veleno («Un politico sega»). Domani arriva il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. «Abbiamo sbagliato qualche persona, a volte abbiamo sbagliato tono», sorride Emiliano. «Abbiamo fatto battaglie giuste ma avremmo potuto farle senza litigare con il mondo intero…».