Lunedì 7 luglio la Cgil si mobiliterà contro la riforma della pubblica amministrazione con sit-in davanti alle prefetture e non esclude una manifestazione nazionale. «Il nostro giudizio resta invariato – ha detto la segretaria generale dei lavoratori pubblici Fp-Cgil Rosanna Dettori ai microfoni di radio Articolo 1 – manca una visione progettuale di carattere complessivo sulla riorganizzazione della pubblica amministrazione, né esiste un’idea compiuta di riforma».
Il fuoco delle critiche del sindacato di Corso Italia al provvedimento pubblicato in Gazzetta ufficiale ed entrato in vigore tre giorni fa si rivolge contro i tagli, la mobilità e i demansionamenti per il personale assunto e la mancata soluzione della situazione dei precari. La mobilità obbligatoria è prevista entro 50 Km anche tra sedi di diverse amministrazioni. Per agevolarla il governo ha previsto un fondo tra i 15 milioni del 2014 e i 30 milioni dal 2015. Chi accetta di spostarsi godrà di un’indennità che durerà due anni. Sei mesi prima della sua scadenza, i dipendenti possono presentare istanza di ricollocazione anche in una qualifica o in una posizione economica inferiore della stessa area o di area o categoria inferiore. Da qui l’accusa del sindacato di volere demansionare i dipendenti.
Sul dimezzamento dei distacchi sindacali, la polemica è dura. «Non se ne capisce la ratio – afferma Dettori –, se non il desiderio vero di colpire il sindacato». Il governo Renzi ha sostenuto che il taglio della metà dei distacchi sindacali avrebbe fatto risparmiare 150 mila euro. Soldi da investire per i malati di Sla. «È una bufala – ribatte Dettori – dalla riduzione dei distacchi si risparmia pochissimo». I conti sarebbero ben diversi. Ad oggi il costo del distacco dei delegati sindacali ammonterebbe a 10 milioni di euro. Soldi che verrebbero risparmiati, ma solo per l’immediato. Con il ritorno al lavoro, infatti, a queste persone dovranno essere garantite le indennità di turno, il salario accessorio legato alla prestazione. Quindi la cifra aumenterà senz’altro e con essa il risparmio preventivato dal governo.
Altro punto critico: i precari della pubblica amministrazione. «Ci aspettavamo delle risposte dalla ministra, ma nella delega non c’è nulla», sostiene Dettori. Per la stabilizzazione dei precari si parla di un fondo da 15 milioni che dovrebbe raddoppiare l’anno prossimo. È tuttavia difficile individuare nel provvedimento uno strumento per fare entrare nella P.A. che, in molti casi, ha sulle spalle anche 30 anni di precarietà. «Oggi l’obiettivo vero è tornare agli anni ’50 – ribadisce Dettori – quando, per legge, si definiva anche l’ombelico del lavoratore pubblico, noi dipenderemo direttamente dalla politica ed è un ricatto molto pesante. Pensare che la riforma della P.A. si fa riformando i lavoratori per legge è proprio sbagliato».
Il giudizio critico su una riforma costituita da 53 articoli che raduna materie ancora molto diverse e non sempre convergenti, nonostante l’intervento “semplificatore” del Quirinale, si concentra poi su tre punti: energia, gestione del personale sanitario e riorganizzazione delle Autorità indipendenti. Il governo vorrebbe tagliare le bollette alle piccole e medie imprese, ma secondo Cgil i beneficiari saranno solo il 15% delle Pmi. «La stragrande maggioranza delle Pmi operano con soglie di potenza inferiore ai 16,5 Kw previsti dal decreto – sostiene Antonio Filippi , responsabile energia Cgil – nessun beneficio verrà riscontrato».
Sul pensionamento dei medici, altro aspetto della riforma che ha rinviato quello di giudici e militari al 2015, si permette alle aziende sanitarie di mandare in pensione i dirigenti medici con 42 anni e 6 mesi di contributi, 41 anni e 6 mesi per le donne. Gli interessati sarebbero 7 mila. «Le aziende sanitarie potrebbero decidere quali medici mandare in pensione e quali no – sostiene Massimo Cozza dei medici Cgil – C’è una logica di asservimento della dirigenza pubblica alla politica che pervade il progetto sulla pubblica amministrazione del Governo Renzi».