Tapias
José Antonio Pérez Tapias, professore universitario, decano della facoltà di lettere e filosofia dell’università di Granada, è l’outsider di questa competizione tutta socialista. Teologo, appartiene ai Socialisti Cristiani ed è favorevole a rompere il Concordato con il Vaticano. Fa parte della corrente di sinistra del partito Izquierda socialista. Il suo atto più significativo come deputato della scorsa legislatura fu quello di non votare la riforma costituzionale express voluta da Zapatero, in accordo con i popolari, sull’introduzione in costituzione dell’obbligo di equilibrio di bilancio, allontanandosi dall’aula. È stato il primo a presentare la candidatura, e l’ultimo per numero di firme (solo 9912). Ha dichiarato che non si presenterà alle primarie per «garantire il gioco pulito». Si dichiara repubblicano e appoggia un eventuale referendum sulla forma di stato. È favorevole a un federalismo che riconosca la plurinazionalità e non è contrario a un referendum consultivo catalano. Vuole salvare «uno stato sociale demolito dalle politiche di destra» e che il Psoe recuperi «il suo vincolo a sinistra», lasciando da parte la «contaminazione neoliberale».

Sanchez
Pedro Sánchez, 42 anni, madrileno, con le sue 41.338 firme è il candidato forte. Considerato il più telegenico dei tre, è deputato del parlamento della comunità di Madrid e professore di struttura economica e di storia del pensiero economico in un’università privata di Madrid. Durante la campagna elettorale, ha cercato in tutti i modi di scrollarsi di dosso l’etichetta di «candidato dell’apparato», che lo ha marcato fin dall’inizio a causa dell’appoggio massiccio della federazione andalusa. Si vanta dell’esperienza al parlamento europeo come assistente di una deputata socialista e di quella come capo di gabinetto dell’Alto commissario dell’Onu durante la guerra in Kossovo. È sempre arrivato «secondo»: nel 2003 e nel 2011 nel parlamento di Madrid e nel 2008 nel parlamento nazionale entra solo dopo le rinunce di deputati eletti. In economia, le sue posizioni sono le tradizionali del Psoe, anche se il tono è spesso populista. Per il resto, è favorevole a un’alleanza fra progressisti, a rivedere i privilegi della chiesa cattolica e a liste aperte. Dice che il «vestito delle autonomie» è diventato «stretto». Sulla sua pagina, ha pubblicato i  10 impegni che riassumono la sua linea politica.

madina
Eduardo Madina, a 38 anni, è il più giovane dei tre candidati. Militante da quando ne ha 17, Madina fu vittima di un attentato dell’Eta quando ne aveva 26, e militava nella gioventù socialista basca. La banda terrorista mise una bomba nella sua macchina e Madina perse la gamba sinistra. Timido e discreto, Madina non ne parla mai. Molti lo considerano erede naturale di Rubalcaba, per il suo «senso dello stato», anche se lui dice che avrebbe preferito continuare a insegnare storia all’università. Si è sbilanciato sulle primarie, facendo la data del 30 novembre, ma non ha detto se si presenterà. Sulla questione nazionalista, pur provenendo da una comunità molto sensibile sul tema, non si è allontanato dalla linea ufficiale federalista del Psoe, favorevole al referendum solo se convocato dal governo centrale. «La Spagna è una nazione», ha detto nel dibattito fra i tre candidati. Si dichiara repubblicano, ma contrario a un referendum sulla monarchia. È favorevole a limitare le «porte girevoli» fra politica e grandi imprese. Vuole modificare la riforma del lavoro del governo Rajoy e formare il 40% della popolazione senza titoli. Ha raccolto 25.238 firme e grazie a lui è stato deciso di renderne pubblica l’origine geografica.