«Tutti e tre i candidati alla segreteria Pd hanno appoggiato il manifesto ‘Siamo europei’, ma solo Martina ha messo sui social un appello a condividerlo. Gli altri stupidamente la considerano una mia iniziativa». Il giorno dopo la convenzione nazionale Pd che ha proclamato i tre candidati che passano ai gazebo – nell’ordine di arrivo Zingaretti, Martina e Giachetti – Carlo Calenda dà dello stupido – di fatto – a Zingaretti e Giachetti. Ha capito che, nonostante i minuetti democratici, la sua iniziativa rimbalza su un muro di gomma. Nessuna bocciatura al «manifesto europeista» a cui i tre candidati hanno detto sì, a parole.

MA L’EX MINISTRO si era misteriosamente autoconvinto che tutte le anime del Pd sarebbero confluite entusiaste – prima di eleggere il segretario – nel suo listone, la sua ’ideona’. E invece all’Ergife ha scoperto che c’è un’altra piattaforma, presentata dall’europarlamentare Patrizia Toia e firmata dall’intero gruppo dem a Bruxelles. Non «un’azione ostile», ha giurato poi Toia a Repubblica, ma «noi eurodeputati abbiamo il dovere di parlare nel nostro Pd di Europa». Le due iniziative «sono conciliabili», assicura, Calenda «ha una alta opinione di sé» ma «questo è il momento del noi».

APERTAMENTE DUNQUE nessuno critica Calenda. Ma nell’area Zingaretti l’insofferenza per l’attivismo dell’ex ministro cresce. Qualcuno fa dell’ironia, come Massimiliano Smeriglio, coordinatore di Piazza Grande («L’unico manifesto che conosco è quello di Ventotene»). Qualcuno apprezza, come un politico di lungo corso, Enrico Gasbarra («Ripartire da Ventotene mi sembra un buon proposito»). In più a Calenda hanno raccontato che nella piattaforma degli europarlamentari sarebbe stato GoffredoBettini, un consigliere di Zingaretti, a far cancellare ogni riferimento al suo «manifesto». A sua volta il presidente del Lazio dal palco dell’Ergife lo ha pregato: «Carlo, se vuoi la pace, prepara la pace. Se vogliamo l’unità prepariamo l’unità che vuol dire ascoltare le differenze, sennò ci ritroviamo sempre gli stessi con vestiti diversi».

A CHIEDERE CHIAREZZA è Arturo Parisi: «Basta capirsi evitando di prendersi in giro», dice, «definire la proposta di Calenda come un utile contributo non è sufficiente». In sostanza a Zingaretti verrebbe chiesto, prima di diventare segretario, di consegnare le chiavi delle liste del 26 maggio. All’ex ministro, iscritto Pd ma dichiaratamente estraneo al congresso.

PER RISPONDERE ALL’ACCUSA di personalismo Calenda, ieri alla stampa estera, ’svela’ di essere molto corteggiato: sia Zingaretti che Martina gli hanno offerto di fare il capolista alle europee. Ma di che liste? Una cosa sono quelle del Pd eventualmente aperte al civismo e a chi ci sta (ma già Calenda ha fatto capire che ci sono degli indesiderabili a sinistra); un’altra è l’iniziativa di Calenda che guarda soprattutto fuori dal Pd, a lato destro sulla base di un generico europeismo senza proposte concrete. «Chi diventa segretario del Pd potrà dire ‘scelgo un’altra strada’ – conclude l’ex ministro – ma dovevano dirlo entro la Convenzione. Ora spero che rispettino la promessa». Per lui, sottolinea, «non ha senso parlare di centrosinistra», non basta, si candiderà solo «se si costruirà una lista unica e un fronte ampio. Se è un allargamento fittizio del Pd non sono interessato».

Un fronte ampio che però, al di là le firme raccolte, stenta a formarsi. In attesa del Pd, anche l’accoglienza di +Europa è stata fredda. E anche il sindaco di Parma Pizzarotti non ha dato ancora una risposta definitiva.