Applausi a Napolitano, ma «grande cautela» nel seguirne le indicazioni. È la linea del partito democratico, spiegata dal segretario Epifani il giorno dopo la lettura in parlamento del messaggio con il quale il presidente Napolitano ha chiesto di affrontare «con urgenza» il dramma del sovraffollamento carcerario. Anche con misure straordinarie di clemenza come l’amnistia e l’indulto. Se «Berlusconi non c’entra con le carceri», come raccomanda Epifani – e in ragione dell’età avanzata non ci entrerà in nessun caso – l’ostacolo per il Pd resta la «sensibilità del paese». Quella, contraria alle scarcerazioni, che per il capo dello stato bisognerebbe affrontare di petto di fronte alle condizioni «umilianti per l’Italia» degli istituti di detenzione e pena. E che invece per i democratici va assecondata. Per cui si raccomanda «prudenza» piuttosto che «urgenza».

Prudente è anche il percorso deciso dalla camera per dare seguito al messaggio del capo dello stato, che in quanto atto formale previsto dalla Costituzione non può essere lasciato cadere. Non ci sarà subito un dibattito in aula, anche per evitare di registrare le divisioni che rendono difficile ipotizzare la maggioranza dei due terzi richiesta dai provvedimenti di clemenza. La questione carceri approderà in commissione giustizia, dove sarà preparata una relazione anche sull’impatto di eventuali provvedimenti di amnistia e indulto, solo successivamente se ne discuterà in aula. Potrebbe anche essere un modo per guadagnare tempo alla ricerca di una convergenza, al momento assai improbabile.

Non c’è infatti solo il tabu Berlusconi a frenare il partito democratico. Su quello le parole della ministra della giustizia Cancellieri possono essere considerate definitive: «È un problema che non esiste, i reati finanziari sono stati esclusi dalla precedente amnistia». Se ne rende conto anche il Pdl, un berlusconiano instancabile come Francesco Sisto ammette che la frode fiscale è «reato troppo grave» da amnistiare. Di amnistia a maglie strette ha parlato anche Napolitano, ma questo non gli ha evitato gli attacchi del Movimento 5 Stelle (che ieri ha riproposto il suo rimedio al sovraffollamento: la costruzione, con rigore ed economia, di nuove carceri). Del resto anche un’eventuale amnistia che lo riguardasse non permetterebbe al Cavaliere né di superare i rigori della legge Severino – per la quale lascerà il parlamento – né soprattutto di scansare le prossime sentenze.

Il Pdl però non rinuncia al solito gioco allo scambio. Si dice favorevole all’amnistia, ma mette sull’altro piatto quelle riforme in tema di giustizia che da sempre assecondano il desiderio berlusconiano di mettere in riga i magistrati. Adesso c’è però una legittimazione «alta» di quelle ambizioni, e sta scritta in alcune delle proposte che il gruppo di lavoro insediato al Colle dopo le elezioni ha presentato al capo dello stato. Napolitano ha citato esplicitamente quelle conclusioni, dove si parla di limiti alle indagini, azione disciplinare rafforzata e freno alla libertà di dichiarazione dei giudici. Niente a che vedere con l’affollamento carcerario. Il Pdl-Forza Italia indica questa via: «La strada è quella della riforma complessiva della giustizia», dica Gasparri. Anche il Pdl-diversamente berlusconiano la pensa così: «Provvedimento come l’amnistia e l’indulto sono tasselli di una più ampia riforma della giustizia che può trarre spunto dal lavoro della commissione dei saggi», dice il ministro Quagliariello. Ma alla voce «riforma della giustizia» Cancellieri elenca altre e più stringenti urgenze: «Riforma dell’ordinamento penitenziario, possibilità di lavoro dei carcerati, depenalizzazione di alcuni reati», più in linea con quello che lo stesso Epifani raccomanda. E cioè «affrontare le leggi Fini-Giovanardi, Bossi-Fini ed ex Cirielli alle quali si deve il sovraffollamento carcerario». E però il fatto che il segretario del Pd non veda il richiamo all’urgenza e parli dell’amnistia come «una cosa da prendere in considerazione alla fine di un percorso» lo espone al contropiede del Pdl. «Il Pd non può trasformare tutto in un referendum su Berlusconi», dice Alfano. «Mettano da parte la loro ossessione», raccomanda Quagliariello. E tutti e due aggiungono, per non porre limiti alla provvidenza: «Non si può tradurre tutto questo in norme contro Berlusconi».