Diventi Inventi 1997-2017 (Universal), la doppia raccolta di canzoni in uscita oggi dove Niccolò Fabi ripercorre la sua carriera: «È un titolo che gioca sull’assonanza tra l’occasione di questi venti anni passati da quando ho pubblicato il primo disco, al fatto che ciò che diventi, la tua evoluzione personale è molto legata a quello che sei capace di inventare. Perché ovviamente l’aspetto creativo è determinante». Rappresentare un masso e una piuma: «La leggerezza nella scrittura è legata a un fatto formale, perché il mio tipo di voce e anche le parole non sono ’pesanti’. Ovvio però che i contenuti lo sono moltissimo, perché cercano di descrivere anfratti psicologici dove ci sono anche motivi di sofferenza, di imbarazzo non solo nei confronti di te stesso, ma anche nei confronti degli altri. Quando togli il masso hai una percezione di leggerezza, un po’ quanto ho visto che avviene durante i live. Il concerto è un opera vitale, il pubblico se ne va via sorridente». Una canzone come Vince chi molla («hai detto niente», sottolinea Fabi): «Gioca anche in senso opposto con lo slogan fascista ’Boia chi molla’ che comunque era un grido di battaglia. Vince chi molla è un grido di battaglia, è un lasciare andare i pesi, una possibilità di andare avanti togliendo dal nostro cammino le cose che non appartengono a noi e che ci opprimono, spesso costretti dalla società, e che al contempo ci impediscono di trovare una nostra identità. Certo è un’operazione difficilissima».

La scelta dei pezzi non è casuale: «Ho messo insieme una serie di canzoni che in qualche modo raccontano come il passato e il presente possano incontrarsi. E poi dall’altra parte una serie di brani o di provini che sono l’esempio di tutte le criticità che ci sono all’interno del rapporto fra un artista e quello che fa». Nuovi orizzonti musicali nel futuro del cantautore romano: «È inevitabile che il tipo di lavoro fatto con Una somma di piccole cose (l’ultimo album di inediti del 2016, ndr) sia tendenzialmente esaurito. Ha raggiunto l’apice come apprezzamento da parte del pubblico, riconoscimenti e anche come mio gusto non credo realisticamente io possa andare oltre in quella direzione. Cosa sia in grado di fare di altro è tutto da vedere. Sono incognite inevitabili quando uno non si vuole più accontentare».

La scelta di prendersi ora un anno sabbatico è quindi ineludibile: «Quando ti rendi conto che hai raggiunto quello che volevi raggiungere, non hai alternativa. Una somma di piccole cose è l’album di cui sono più orgoglioso – che devo fare d’altro? Vorrei concedermi il lusso di giocare con la musica e non raccontare quegli anfratti di cui parlavamo prima. Il problema è che non so se sono in grado di fare altro, ma di certo lo voglio scoprire».

La frenesia che incombe,le letture e lo spazio da dedicare a se stessi: «Fra tutte le cose che vorrei fare c’è anche quello di riappropriarmi di quel tempo. Il telefono è spento, hai un libro in mano, che sembra veramente una condizione esistenziale impossibile da trovare adesso vista la quantità di sollecitazione che abbiamo. Ecco è questo momento che devo recuperare». Il prossimo 26 novembre il concerto al Palalottomatica: «Sarà un momento estremamente emozionante non solo per me, ma per le persone che mi stimano. Energeticamente sarà un momento importantissimo: al Palaeur ho visto gente del calibro di Paul McCartney, i Police, Bob Dylan. La patente di qualcuno che ce l’ha fatta».