sharing

Austerità, privatizzazioni e «riforme» sono le risposte alla crisi formulate e imposte dai poteri che dominano in Europa, all’insegna del motto ormai arcinoto: «non ci sono alternative». Una fallacia teorica e politica che le forze di opposizione al pensiero dominante si sforzano di confutare, non sempre ottenendo i risultati sperati, come la difficile navigazione del governo greco insegna. Ma le alternative al mainstream non sono tutte uguali: oltre a quelle che assumono le forme politiche classiche, ci sono esperienze di «creazione sociale» che stanno al di qua (o al di là) della dimensione istituzionale tradizionalmente intesa. Nuove «istituzioni» giuridiche ed economiche che hanno visto la luce grazie all’iniziativa di gruppi di persone auto-organizzatesi per rispondere a domande di inclusione sociale, spesso provenienti dal «quinto stato» dei lavoratori variamente precari, che rimanevano senza risposta.

Alcuni esempi? Monete alternative, co-working e co-housing, ma anche le molte e controverse forme di sharing economy, quell’economia della condivisione che ha moltissimi case studies, ma dei quali quali le piattaforme uber o airbnb sono i nomi più rappresentativi per indicare l’uso capitalistico della condivisione. Un’insieme di realtà che configura tipologie di risposte alla crisi economica venutesi sviluppando in questi anni, e sulle quali oggi e domani si discuterà in un convegno a Torino, presso il palazzo del rettorato dell’Università in via Po 17 (inizio ore 9). Campi disciplinari diversi – sociologia, diritto, economia – e relatori di aree culturali variegate, da Mauro Magatti e Ivana Pais della Cattolica di Milano a esponenti della galassia post-operaista come Christian Marazzi, Cristina Morini e Giso Amendola, in dialogo con alcuni degli artefici di tali «risposte alternative» alla crisi. Introduzione e conclusioni affidate, rispettivamente, a Chiara Saraceno e Ugo Mattei.

L’organizzazione dell’incontro si deve a quattro ricercatori juniores, parte di quella generazione di giovani accademici che vive sulla propria pelle – come scrivono loro stessi – «il generalizzarsi della forma di vita precaria». Per la giurista Alessandra Quarta, una di loro, «il convegno nasce dall’esigenza di fare chiarezza concettuale su esperienze che segnalano contemporaneamente la crisi del welfare e quella del mercato. Il rischio che si corre è di averne una visione superficiale, magari etichettandole da sinistra come necessariamente “positive”: ma non sempre è così».

Il confronto fra analisi teorica e racconto della realtà – ad esempio della moneta alternativa Sardex o delle Mutue Autogestione – può servire a mettere definitivamente in discussione etichette come quella di «terzo settore» e a riflettere criticamente sulle contraddizioni della sharing economy, che oggi appare più l’ultima frontiera di sviluppo del capitalismo. L’ambizione degli organizzatori è dare un contributo alla costruzione di nuove categorie che servano ad una politica dell’inclusione sociale: per questo farà capolino anche il tema del reddito di cittadinanza.