Proust, memorie di «prede psicologiche» e altre celebrità dei salotti
Saggi «Marcel Proust» di Giuseppe Scaraffia, da Bompiani
Saggi «Marcel Proust» di Giuseppe Scaraffia, da Bompiani
«Incontravo Marcel Proust il mercoledì da Madame Armand de Caillavet, e non mi piaceva la sua estrema cortesia, l’eccessiva attenzione che dedicava ai suoi interlocutori, soprattutto alle sue interlocutrici»: Colette è puntuale nel riepilogare quella immagine lontana, quando in tarda età ne scrive in un passo di Trait pour trait, uscito nel 1950. Il brano fa parte di un libro composito da poco pubblicato da Giuseppe Scaraffia, Marcel Proust (Bompiani, pp. 256, € 16,00), in cui l’autore fa il punto di un lungo percorso di studi proustiani, firmando un profilo biografico e una antologia di testi di memoria, spesso rari, da lui tradotti.
L’autrice di Cheri è infatti in apertura di una nutrita e spesso sorprendente sezione di Ricordi e testimonianze, in cui Proust viene raccontato da ogni punto di vista, da amici e conoscenti, finché dopo il grande successo del suo ciclo narrativo era diventato di fatto una vera e propria «occasione autobiografica», una figura citata come elemento di rilievo nelle altrui esistenze.
Scrittori di rilievo, testimoni occasionali, innamorati e estimatori hanno elaborato volumi di memorie proustiane, pubblicando anche conversazioni e dialoghi. Tra i numerosi testi che Scaraffia raccoglie è interessante la memoria di Ferdinand Bac, Incontro con il Duca di Guermantes, in cui compare il conte Greffuhle, preso a modello per il personaggio nel corso di un incontro in cui lo scrittore non perdeva mai la presa sulla «sua preda psicologica», che avrebbe poi trasferito perfettamente sulla pagina.
Notevole anche l’affondo del ritrattista Jacques-Emile Blanche, che lo descrive acutamente nel suo bel volume Mes modèles, uscito nel 1928. Jean Cocteau, ritratto anch’egli più volte da Blanche, rievoca la voce dello scrittore, «che non veniva dalla gola, ma dal profondo. Era di una lontananza inaudita. Si sentiva che veniva dall’anima come la voce dei ventriloqui dal ventre». Un celebre numero speciale della «Nouvelle Revue Française» uscito nel 1927, in piena proust-mania con testi assai diversi tra loro, porta anche una bella testimonianza di Gaston Gallimard e un ricordo dell’antico amore del poeta, il compositore Reynaldo Hahn per cui Proust scrisse i perfetti Portraits de paintres, da lui musicati.
André Gide in una nota del 1921 pubblicata nei Journal nel 1948, ripercorre antiche conversazioni in cui l’argomento principale era l’uranismo, ossia l’omosessualità. Scaraffia disegna efficacemente il profilo biografico di Proust inserendo nel testo numerose immagini dello scrittore, e dei suoi interlocutori.
Gli appuntamenti del destino si moltiplicano: nel 1920 Rejane muore poco dopo la sua ultima replica di Antonio e Cleopatra nella versione di Gide e un giovane e intemperante André Breton viene incaricato di rivedere le bozze di un saggio importante di Proust sullo Stile di Flaubert. Scaraffia chiude giustamente la sua rassegna sullo stupore di Céleste Albaret, governante dello scrittore, sbalordita dal vedere il giorno dopo la sua morte una vetrina di Rue Hamelin piena di volumi della Recherche.
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