«Il diritto e il rispetto della legge non saranno ripristinati fino a quando i funzionari (dell’intelligence) coinvolti nel caso di Nizar Banat non saranno interrogati e puniti ciascuno in proporzione alla propria colpevolezza e ruolo…Le elezioni sono l’unica strada per ricostruire il sistema politico e dedicarlo alla battaglia principale con l’occupazione (israeliana)». Così Rima Kittaneh Nazzal ha scritto un paio di giorni fa sul quotidiano Al Ayyam, vicino al partito di governo Fatah, per esortare le autorità a rendere giustizia alla famiglia di Nizar Banat, l’oppositore del presidente Abu Mazen e del premier Mohammed Shttayeh picchiato brutalmente la scorsa settimana da uomini delle forze di sicurezza palestinesi e morto pochi minuti dopo l’arresto. Nazzal rappresenta la posizione della base di Fatah che, a differenza del suo gruppo dirigente, assieme ad altri partiti ed organizzazioni politiche e della società civile, chiede che siano puniti gli assassini di Banat. E insiste affinché le legislative e le presidenziali – rinviate da Abu Mazen poche settimane prima del voto previsto il 22 maggio – siano lo strumento per avviare il rinnovamento della leadership attuale dell’Anp. Restano vive nella memoria di Nazzal e dei palestinesi la repressione delle proteste a Ramallah per l’uccisione di Banat, le umiliazioni e le molestie subite dalle donne scese in strada e l’impiego di agenti camuffati da civili responsabili di abusi e pestaggi. Ma la direzione imboccata dall’Anp sembra opposta a quella indicata da Nazzal e altri.

Per questo la famiglia di Nizar Banat ieri ha ribadito a una delegazione dell’Unione europea di volere un’inchiesta indipendente e internazionale e non svolta dalla commissione d’indagine governativa oltre all’incriminazione dei responsabili dell’uccisione e l’ammissione pubblica da parte dell’Anp del crimine commesso contro l’attivista. Soprattutto ha confermato di non aver ricevuto una copia del rapporto sull’accaduto che la commissione governativa avrebbe già consegnato alla magistratura e al governo. Quindi ha chiesto ai palestinesi di partecipare ai raduni che si annunciano nel fine settimana. «Siamo di fronte ad unità speciali formate per giustiziare oppositori, dissidenti e combattenti contro la corruzione. I cittadini palestinesi non sono più al sicuro nelle loro case», ha denunciato Ammar Banat, il portavoce della famiglia.

Si è formato un coordinamento di forze progressiste, nazionaliste e islamiche che ha convocato per domani pomeriggio manifestazioni a Ramallah e in altre città della Cisgiordania. Una mobilitazione che rischia di fare i conti con il pugno di ferro delle forze di sicurezza. Il quotidiano in lingua ebraica Yedioth Ahronoth rivelava due giorni fa che l’Anp si è rivolta a Israele per acquistare gas lacrimogeni, granate stordenti e altri strumenti «non letali» per disperdere le manifestazioni. Nell’Anp, ha scritto il giornale, sono convinti che dovranno affrontare un’ondata di proteste senza precedenti quando saranno annunciati i risultati dell’inchiesta governativa sulla morte di Banat. L’indagine, tanti ne sono convinti, ha sfiorato soltanto i vertici politici e dell’intelligence e fa ricadere la responsabilità di tutto sugli agenti convolti. Ciò mentre indiscrezioni e voci incontrollate che circolano tra i palestinesi chiamano in causa esponenti di primissimo piano, dal capo dell’intelligence Majd Faraj al ministro dei rapporti con Israele Hussein al Sheikh fino al presidente Abu Mazen, «seccati» dalle continue accuse di malgoverno e corruzione rivolte da Nizar Banat all’Anp.