Soliti vip, con qualche volto nuovo anche da casa nostra, solite ricette, stessa vecchia crisi, ma più grave dal punto di vista del clima e della povertà: il World economic forum si è incontrato a Davos e detterà l’agenda politica a eletti di tutto il mondo, Europa e Italia comprese. Ma sanno farlo anche in altri modi, come inserire penali e clausole arbitrali nei trattati commerciali e sugli investimenti. Investor to State Dispute Settlement (ISDS), Investment Court System (ICS) e simili capestri, evocati nei recenti casi della Tav, Tap e trivelle, dissuadono i Governi dal fare la cosa giusta per i propri Paesi.

Per denunciare questo meccanismo decine di attivisti vestiti da lupi si aggireranno a Davos mentre da 16 Paesi europei oltre 150 tra movimenti, sindacati, associazioni ambientaliste, coordinati in Italia dalla Campagna Stop TTIP/CETA, lanceranno “Diritti per le persone, regole per le multinazionali: Stop ISDS”: una petizione popolare e una mobilitazione che chiede ai Governi Ue lo stralcio delle clausole arbitrali da tutti gli accordi in vigore e in trattativa, e il sostegno a un trattato vincolante delle Nazioni Unite che costringa le multinazionali a rispettare i diritti umani e l’ambiente in tutti i Paesi e i processi di cui sono protagonisti.

Come spiega il nuovo Rapporto “Diritti per le persone, regole per le multinazionali” redatto da Francesco Panié e Alberto Zoratti per la Campagna Stop TTIP/CETA, per le 195 cause concluse negli ultimi trent’anni in tutto il mondo gli Stati hanno dovuto pagare 84,4 miliardi di dollari alle imprese a seguito di sentenze sfavorevoli (67,5 miliardi) o costosi patteggiamenti (16,9 miliardi). Una cifra parziale, visto che alcune cause sono segrete e altre ancora pendenti. Oltre 40 delle società “partner industriali” del Forum di Davos, gli ospiti d’onore dell’evento, sono state coinvolte in casi ISDS e si sono avventate come lupi su risorse pubbliche e beni comuni, in larga parte per contestare regole a difesa dell’ambiente e dei diritti del lavoro a un ritmo medio di 60 casi noti all’anno negli ultimi cinque anni.

Dopo la Spagna l’Italia è il paese più colpito: sul finire del 2018 ha perso la sua prima causa da 7,5 milioni di euro con la danese Greentech Energy Systems per aver tagliato gli incentivi alle rinnovabili nel 2014. A maggio 2017 la società petrolifera britannica Rockhopper ci ha fatto causa per lo stop del Governo Renzi alle trivelle di Ombrina Mare nell’Adriatico, ma altri 10 procedimenti ci attendono.

Prima verifica della volontà politica europea, il voto del Parlamento Ue il 12 febbraio sul trattato per la liberalizzazione degli investimenti tra Europa e Singapore che contiene una clausola arbitrale ISDS-ICS e di cui organizzazioni e movimenti, a poche settimane dalle elezioni europee, chiedono la bocciatura. D’altronde nella nuova versione del trattato Usmca che regola l’area di libero scambio tra Usa, Canada e Messico, l’ex Nafta, l’arbitrato è strato stralciato persino da Donald Trump su richiesta canadese perché, come ha spiegato la ministra degli Esteri canadese Chrystia Freeland, impediva al suo governo di “mettere gli interessi dei cittadini al di sopra di quelli corporativi”.

Peccato che se il Parlamento italiano non bocciasse la ratifica del il trattato di liberalizzazione commerciale tra Canada e Europa CETA, come la maggioranza dei candidati oggi eletti si è impegnata a fare con organizzazioni sindacali, ambientaliste e agricole italiane, lo Stato canadese e il nostro finirebbero sotto scacco dei reciproci investitori per un arbitrato analogo, contenuto nella parte del CETA ancora inerte e che entrerebbe in vigore dopo la ratifica.

Sull’ISDS/ICS pende, infine, un ricorso del Governo belga alla Corte europea di Giustizia perché ne valuti la coerenza con i Trattati fondativi dell’Ue, messa in discussione da molti costituzionalisti italiani come Paolo Maddalena e Alessandra Algostino, e dalla prestigiosa associazione dei magistrati tedeschi Deutscher Richterbund. Per questo le organizzazioni italiane chiedono al Governo italiano la calendarizzazione e bocciatura del CETA prima delle Elezioni europee, in linea con gli impegni elettorali, e il sostegno in Consiglio europeo alle richieste della Campagna ISDS.