È la rivolta della Pallacorda. I giovani democratici torinesi, che hanno organizzato OccupyPd, rilanciano la sfida richiamandosi a un luogo simbolo della Rivoluzione Francese (20 giugno 1789) da cui partì la presa della Bastiglia. «Il Terzo Stato chiedeva di poter contare, perché era il più numeroso. Come noi, che siamo il 99 per cento del Pd», esclama Matteo Cavallone, segretario provinciale dei Gd.

L’assemblea nella sede regionale, in via Masserano, di domenica è solo l’inizio di un sommovimento interno al partito. Sono arrivate tre o quattrocento persone dai circoli della città e dalla cintura. «Noi dal Pd non usciamo – sottolinea Cavallone – questa è casa nostra. Ma siamo stufi. Chiediamo tre cose: non vogliamo un accordo politico con il Pdl, ma il reset completo della dirigenza, a partire dai nostri segretari locali Gianfranco Morgando, regionale, e Paola Bragantini, provinciale. Poi, vogliamo un congresso appena possibile, aperto a tutti». Presenti all’incontro degli autoconvocati tre parlamentari: Anna Rossomando, Andrea Giorgis e la giovane deputata Francesca Bonomo. I primi due hanno ricevuto critiche mentre cercavano di giustificare le scelte nazionali. «Ci parlano di un presidente di tutti, anche per noi deve essere tale. Ma la scelta di Marini e Napolitano – precisa Cavallone – sottendeva la possibilità di un governo con il Pdl, questo non lo accettiamo».

Rossomando ha detto che nel partito la figura di Stefano Rodotà è stata sondata: «Ma una parte non l’avrebbe votato». Ieri, per la prima volta, i Gd di Torino si sono incontrati con gli altri contestatori, i giovani democratici di Palermo, Firenze e Prato (anche loro reduci da OccupyPd), prima della diretta televisiva del programma Piazza Pulita.

La piattaforma comune dei contestatori ancora non c’è, ma le basi si stanno gettando: «Siamo trasversali alle correnti, ugualmente stanchi della situazione e decisi a cambiare il partito dall’interno. Pronti a un patto di lealtà» dicono in coro. Ma i timori di scissione rimangono all’ordine del giorno.