Lo scorso gennaio, durante una spedizione nell’Oceano Antartico, Greenpeace ha identificato quattro nuovi diversi Ecosistemi marini vulnerabili (Emv): secondo i ricercatori queste aree, situate lungo la penisola antartica nell’Antarctic Sound e nello Stretto di Gerlache, devono essere tutelate con misure di protezione speciale.

La ricerca è stata condotta dalla dottoressa Susanne Lockhart (Accademia delle Scienze della California) e da John Hocevar (biologo marino di Greenpeace). Grazie al supporto della nave Arctic Sunrise, i ricercatori hanno esplorato i fondali dell’Oceano Antartico, a bordo di un sommergibile.
I filmati raccolti durante la spedizione testimoniano l’ampia presenza di organismi rari e quasi sconosciuti. Un mondo delle meraviglie di cui si sa ancora troppo poco, ma che rischiamo di perdere senza ancora aver avuto il tempo di conoscere: questi fondali preziosi e ricchi di biodiversità sono infatti messi in serio pericolo dalla pesca intensiva e dai cambiamenti climatici.

Le analisi dei filmati di questi ecosistemi marini sono state presentate lo scorso luglio a Cambridge dalla dottoressa Lockhart, durante un workshop tenuto da esperti della Commissione per la Conservazione delle Risorse Marine Viventi dell’Antartide (Ccamlr). Una volta riconosciuti ufficialmente dalla Commissione durante la sua prossima riunione – che si terrà a ottobre a Hobart, in Tasmania – un’area con un raggio di miglio nautico attorno a ciascuno dei siti verrà immediatamente protetta.

Da mesi Greenpeace porta avanti una campagna per proteggere l’Oceano Antartico con una rete di aree protette, tra cui un Santuario marino grande 1,8 milioni di chilometri quadrati, che rappresenterebbe la più vasta area protetta sulla Terra; sino ad oggi quasi 2 milioni di persone si sono unite a noi chiedendo di tutelare la ricchezza e l’unicità di questi ecosistemi marini.

* Responsabile campagna Mare di Greenpeace Italia