Condannati monsignor Ángel Lucio Vallejo Balda e Francesca Immacolata Chaouqui, prosciolti i giornalisti Gianluigi Nuzzi ed Emiliano Fittipaldi. Con questa sentenza emessa dal Tribunale dello Stato della Città del Vaticano, si chiude il cosiddetto Vatileaks 2 – ai tempi di Ratzinger ci fu un Vatileaks 1 per cui venne condannato e poi graziato il maggiordomo di Benedetto XVI -, il processo per il trafugamento e la diffusione di documenti vaticani riservati, in particolare “fuoriusciti” dalla Cosea, la Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative della Santa sede istituita da papa Francesco nel luglio 2013.

La condanna più pesante è toccata a Vallejo Balda, appartenente alla Società sacerdotale della Santa Croce (legata all’Opus Dei), segretario della Cosea e per un periodo anche segretario della Prefettura degli affari economici della Santa sede, nominato direttamente da papa Francesco. I promotori di giustizia vaticani (i pubblici ministeri) avevano chiesto tre anni e un mese, il tribunale lo ha condannato a 18 mesi, non riconoscendo il reato di associazione a delinquere ma solo il trafugamento e la diffusione di documenti.

Stessa sorte per Francesca Chaouqui, pure lei simpatizzante dell’Opus Dei, inserita nella Cosea su segnalazione dello stesso Balda, e in passato protagonista di altri “scandalicchi” vaticani, come l’organizzazione – di nuovo insieme a Balda – di una sorta di ricevimento per 150 vip (fra cui Bruno Vespa) sulla terrazza della Prefettura degli affari economici per seguire dall’alto la canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, allietati da un sontuoso buffet: l’accusa aveva chiesto 3 anni e 9 mesi, il tribunale l’ha condannata a 10 mesi per «il concorso nel reato commesso da Balda», con pena sospesa per 5 anni. Gli imputati hanno tre giorni di tempo per presentare appello.

Prosciolti i giornalisti Nuzzi e Fittipaldi, destinatari dei documenti riservati che sono poi finiti nelle pagine dei due best-seller Via Crucis (Chiarelettere) e Avarizia (Feltrinelli). L’accusa aveva chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove per Fittipaldi e la condanna a un anno per Nuzzi. Il tribunale ha assolto entrambi per «difetto di giurisdizione»: «I fatti contestati agli imputati sono avvenuti al di fuori del proprio ambito ordinario di giurisdizione», cioè fuori dalle mura vaticane. Nella sentenza c’è anche il riconoscimento della «sussistenza radicata e garantita dal Diritto divino della libertà di manifestazione del pensiero e della libertà di stampa nell’ordinamento giuridico vaticano». Il Vaticano è diventato improvvisamente il paladino della libertà di informazione? No, semplicemente Oltretevere si sono accorti del vicolo cieco in cui si erano cacciati e del caso di proporzioni globali che sarebbe scoppiato se i cronisti fossero stati condannati. Quindi meglio il proscioglimento, arricchito dall’apologia della «liberta di stampa» per «diritto divino». Tanto che padre Lombardi, direttore della sala stampa vaticana, può ribadire che «non era in alcun modo un processo contro la libertà di stampa» e sottolineare le «sentenze di assoluzione di cui non ci si può che rallegrare».

Al termine di una vicenda durata 8 mesi e 21 udienze, quello che emerge con sufficiente chiarezza, al di là del gossip boccaccesco che ha riempito le cronache – dal babydoll scomparso di Francesca Chaouqui agli sms a luci rosse di Balda -, è che le lotte di potere nei sacri palazzi non sono terminate (non è un caso che la vicenda abbia ruotato intorno alle strutture economico-finanziarie vaticane). E nessuno può escludere che dopo un Vatileaks 1 e un Vatileaks 2 arrivi anche un Vatileaks 3.