Concepito per l’emergenza coronavirus ma con un Dna politico ben preciso, il nuovo governo israeliano vedrà la luce il 13 maggio, forse in presenza del segretario di Stato Mike Pompeo atteso nei prossimi giorni a Gerusalemme. Ieri la Knesset ha votato a favore dell’accordo di coalizione tra Benyamin Netanyahu – che ieri ha ricevuto l’incarico dal presidente Rivlin – e il centrista Benny Gantz, poche ore dopo il via libera giunto dalla Corte Suprema, e ha sbloccato lo stallo politico che durava dalla fine del 2018. Con Netanyahu ancora premier e forte del patto di alleanza con l’ex avversario Gantz – che lo mette al sicuro dal processo per corruzione che dovrà affrontare a fine mese -, il nuovo esecutivo agirà in continuità con il governo uscente che mercoledì sera ha chiuso il suo mandato annunciando un progetto per la costruzione di 7mila case nell’insediamento coloniale di Efrat, tra Betlemme ed Hebron, nel sud della Cisgiordania.

 

A firmare il via libera alla nuova colata di cemento è stato il ministro della difesa, Naftali Bennett. Su 110 ettari di terra agricola – aggiunti qualche anno fa al demanio dello Stato, passo che spesso precede l’assegnazione di terreni alle colonie -, negati quattro giorni fa ai palestinesi, sarà estesa Givat Ha’eitam, alla periferia di Efrat una delle più grandi delle circa 150 colonie israeliane nei Territori occupati. Efrat, già enorme, vedrà raddoppiare le sue dimensioni. Tutti i ricorsi presentati dai palestinesi in questi anni, e quelli della ong israeliana Peace Now, per impedire che i 110 ettari fossero assegnati ad Efrat, sono stati respinti dall’Amministrazione civile israeliana (che per conto delle forze armate gestisce gli affari civili in Cisgiordania).

 

I palestinesi denunciano che dal 1967 si sono visti assegnare dalle autorità israeliane soltanto lo 0,25 per cento delle terre demaniali in Cisgiordania. Bennett, alfiere della colonizzazione a tappe forzate dei Territori palestinesi occupati (che lui invece considera parte di Israele), dopo la sentenza ha immediatamente dato il via libera al progetto per le 7mila unità abitative, allo scopo di allargare ulteriormente il già ampio blocco coloniale di Etzion, tra Betlemme e Hebron. Givat Ha’eitam spezzerà la continuità territoriale palestinese così come faranno i progetti edilizi che il premier Netanyahu ha autorizzato di recente nella zona E 1, tra Gerusalemme Est e la colonia israeliana di Maale Adumim.

 

Il Segretario di stato Mike Pompeo con il premier israeliano Netanyahu (foto del Dipartimento di Stato)

 

Secondo i ricercatori di Peace Now, che monitora lo sviluppo della colonizzazione, gli ultimi progetti approvati puntano a creare situazioni di fatto sul terreno, in modo da annettere a Israele porzioni ancora più larghe di Cisgiordania, nel quadro del piano Trump presentato il 28 gennaio dal presidente americano e che Mike Pompeo discuterà la prossima settimana con Netanyahu. Gli Stati uniti sono pronti a dare il via libera all’annessione della Valle del Giordano e delle aree cisgiordane dove sono situati gli insediamenti coloniali israeliani. Secondo stime fatte dai media locali, a partire dal 1 luglio, Israele «estenderà la sua sovranità» su un 30 per cento della Cisgiordania con una legge che Netanyahu si prepara a presentare alla Knesset. L’approvazione è sicura visto che ad appoggiare l’annessione sono anche Gantz e i Laburisti (che entreranno nel nuovo governo). Tuttavia nel corso delle riunioni del team congiunto israelo-statunitense, incaricato di definire le proporzioni dell’annessione, i rappresentanti israeliani starebbero cercando di ottenere una fetta più ampia di territorio, con la motivazione di garantire con «zone cuscinetto» la sicurezza delle colonie e delle basi militari adiacenti al minuscolo Stato palestinese senza sovranità teorizzato dall’Amministrazione Usa. E Washington certo non si opporrà. Se le richieste israeliane saranno accolte, ai palestinesi andrà poco più di ciò che già amministrano, le «aree autonome» A e B, figlie degli Accordi di Oslo del 1993. Meno del 40% della Cisgiordania. Israele otterrebbe il restante 60%. Gaza controllata da Hamas sarà lasciata al suo destino, isolata dal resto dei Territori palestinesi, con i suoi due milioni di abitanti di fatto affidati alle organizzazioni umanitarie internazionali.