Con il fucile della spending review puntato dietro la schiena, il governo sta preparando una gigantesca partita di giro ai danni della scuola, dell’università e degli enti di ricerca. Nella prossima legge di stabilità ci potrebbero essere 900 milioni di euro in tagli complessivi per finanziare la prima tranche dei fondi necessari per assumere 148 mila precari dalle graduatorie ad esaurimento a settembre 2015. Ne serviranno, a regime, altri 2,7 miliardi, ma al momento l’esecutivo non sembra avere alcuna idea su dove, come e quando prenderli.

Ma i tagli ci sono davvero?
Le «indiscrezioni» pubblicate ieri da Il Sole 24 ore sostengono che i tagli verranno ripartiti in questa maniera: 400 milioni dalle università e dal fondo Foe che finanzia gli enti di ricerca. Dovrebbe essere colpito anche il fondo Far che il governo Letta aveva destinato all’assunzione dei ricercatori. Proprio quelli che ieri il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini ha detto di volere assumere nei prossimi tempi. Senza specificare né il come, né il quando. Gli altri 500 milioni di euro, a partire dalla riduzione della pianta organica del personale amministrativo Ata, dalle supplenze di pochi giorni e dal taglio dei commissari esterni agli esami di maturità. Risparmi risibili, si dice pari a 30-35 milioni di euro. Tutto il resto è da trovare. Ai danni di chi già lavora nella scuola, nell’università e negli enti di ricerca.

«Sono tagli pesantissimi – afferma allarmato Mimmo Pantaleo (Flc-Cgil) – Nel piano scuola non ci sono certezze di risorse ma adesso si scopre che addirittura si vogliono fare altri tagli alla scuola pubblica. Università, ricerca e Afam rischiano il collasso finanziario. Il piano scuola rischia di trasformarsi in un’araba fenice. Servono fatti concreti a partire dal rinnovo del contratto nazionale».

Come un orologio il Pd smentisce i tagli. «La politica dei tagli non riguarda il progetto – afferma Francesca Puglisi, responsabile Pd Scuola – Rispetto ai “si dice”, il Governo ha investito grandi risorse in un piano straordinario per l’edilizia scolastica e lavora avendo come stella polare le politiche a favore delle nuove generazioni». Una smentita che non smentisce nulla.

E l’aria torna a surriscaldarsi. «Il governo vuole fare la riforma a costo zero – sostiene Marcello Pacifico (Anief-Confedir) – l’idea è attuare una partita di giro, accelerando la digitalizzazione, riducendo il personale non docente, in particolare nelle segreterie, e fare “cassa” eliminando i commissari esterni alla maturità». «Il governo smentisca» rincara afferma Francesco Scrima, segretario generale Cisl Scuola. «Da anni l’università – spiega Glianluca Scuccimarra dell’Udu – è considerata solo come un bacino da cui tagliare e prendere soldi». Contro i tagli Udu e Rete degli studenti e Uds scenderanno in piazza venerdì 10 ottobre.

Il «patto» pagato dai docenti
Ma non di soli tagli vive il miraggio della «riforma» Renzi. Non potendo perdere la faccia imponendoli in forma lineare, sullo stile Gelmini-Tremonti, il governo-che-tiene-tanto-alla scuola sceglie di rapinare le risorse direttamente dalle tasche dei docenti. Il sottosegretario all’Istruzione Toccafondi ieri ha gettato la maschera del «patto educativo». Rispondendo ad un’interpellanza parlamentare del Movimento 5 Stelle, ieri Toccafondi ha confermato che non ci saranno risorse aggiuntive per la scuola. E che quindi i tagli da 8,4 miliardi di euro non verranno nemmeno in parte recuperati. Saranno dunque i docenti a finanziare gli annunci di Renzi rinunciando ad una parte del loro stipendio.

I 5 Stelle denunciano: «Gli scatti di competenza sono una finzione perchè il sistema di Renzi prevede che il 66% dei docenti sia meritevole e il 34% immeritevole. Questo meccanismo è un taglio. La spesa per l’istruzione continua a calare anche con Renzi».