Una riforma degli ammortizzatori sociali ispirata ispirata a un «universalismo differenziato», cioè per durata differenziata e dimensione aziendale, affinché «non vi siano lavoratori esclusi dal sistema di protezione sociale». Sono i «principi guida» della bozza della riforma inviata dal ministro del lavoro Andrea Orlando alle parti sociali in vista di un nuovo confronto previsto in videoconferenza lunedì prossimo.

La Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (Cigo) e la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS) sarebbero estese ai lavoratori subordinati con anzianità minima, compresi gli apprendisti e i lavoratori a domicilio, e alle aziende tra 1 e 15 dipendenti. Prevista l’introduzione di due nuove causali per ottenere l’ammortizzatore sociale: «prospettata cessazione dell’attività» e «liquidazione giudiziale». Si dovrà specificare che la riorganizzazione aziendale potrà essere invocata anche in caso di «processi di transizione». Si parla anche di rafforzare il contratto di solidarietà attraverso l’uso di incentivi e l’aumento delle percentuali di riduzione dell’orario e sarà esteso ancora il contratto di espansione. La riforma azzererebbe inoltre l’attuale contatore sia per la Cig che per la Cigs. In questo quadro sarebbero confermati i ruoli dei Fondi bilaterali: prevista la copertura obbligatoria c anche alle aziende più piccole, tra 1 e 5 dipendenti. Un elemento importante del progetto è il superamento della cassa integrazione in deroga attraverso un Fondo emergenziale intersettoriale finanziato con un contributo a carico dei fondi bilaterali. Capitolo fondi: circolano stime tra i 6 e i 10 miliardi all’anno.

Problematico risulta, al momento, l’inquadramento delle misure per il lavoro autonomo. Arriverebbero più tutele per la maternità e più giorni di malattia, ma si aspettano i risultati del funzionamento del nuovo Iscro, una specie di cig per le partita Iva per poi decidere un’eventuale stabilizzazione. La misura è inadeguata: esclude chi ha perso fatturato e compensi e hanno un Isee superiore ai 8350 euro annui. Le bozze circolate sin dal tempo del governo Conte 2 invece parlavano di una tendenziale unificazione dei diritti sociali del lavoro autonomo con quello dipendente e parasubordinato. Non risultano soddisfacenti le norme ad hoc per il lavoro dello spettacolo, contemplate dalla riforma e già annunciate dal governo a seguito delle proteste nei mesi scorsi. Il lavoro intermittente e precario non riguarda un’unica categoria.

Le politiche attive del lavoro, ad oggi fallimentari mentre l’agenzia Anpal resta commissariata, sono un capitolo decisivo di una riforma con un impianto che alterna un universalismo differenziale del welfare con una visione neoliberale del lavoro. Nel piano di ripresa e resilienza sono stati stanziati oltre 4 miliardi di euro. Nelle bozze si sostiene il potenziamento di queste politiche estendendo la platea oltre gli attuali beneficiari del cosiddetto “reddito di cittadinanza” ai percettori di ammortizzatori sociali come la Naspi (che non risulterebbe superata) e la cassa integrazione straordinaria. Il tutto confluirà nel programma con un acronimo eufemistico «Gol», cioè «Programma nazionale di garanzia di occupabilità».

Attenzione, non «occupazione», ma «occupabilità», cioè rendere disponibile chi ha perso il lavoro alla ricerca di un’occupazione. In un momento in cui il lavoro non c’è, e quello che esiste è povero e precario, questa attività può trasformarsi in un lavoro. Ancora prima di essere operativo, questo fondo ha già ricevuto dal governo precedente un finanziamento da circa un miliardo. L’obiettivo è farlo partire entro la fine del 2021