L’Ena, la scuola nazionale dell’alta amministrazione pubblica, una delle «grandi scuole» francesi iperselettive, sarà soppressa, sostituita da una struttura più adatta ai tempi e più aperta all’evoluzione della società. Lo ha annunciato ieri il presidente Emmanuel Macron, in una videoconferenza con alti funzionari.

L’Ena era stata fondata con un decreto del generale De Gaulle il 9 ottobre 1945, con lo scopo di organizzare l’alta funzione pubblica nel dopoguerra. Ma è dagli anni ’70 che le critiche si accumulano contro questa scuola, accusata di essere destinata solo agli «eredi della cultura dominante» (Pierre Bourdieu, Les Héritiers, 1964): eppure, all’origine l’idea, nata nell’Ottocento, era stata ripresa nel 1936 da un ministro del Fronte popolare, Jean Zay (ma allora il Senato aveva votato contro) e il suo primo direttore era stato Maurice Thorez, vice-primo ministro e segretario del Pcf.

Macron ne aveva promesso la revisione nella campagna elettorale del 2017 e ne aveva evocato la soppressione nella conferenza stampa del 25 aprile del 2019, come una delle risposte al movimento dei gilet gialli.

Nella V Repubblica, 4 presidenti sono usciti dall’Ena (Giscard d’Estaing, Chirac, Hollande e Macron), 9 primi ministri (tra cui gli ultimi due, Jean Castex e Edouard Philippe). Sono enarchi Michel Camdessus e Jacques de la Rosière, che sono stati alla testa di Banque de France e Fmi, lo è Pascal Lamy ex commissario a Bruxelles ed ex direttore generale del Wto. Provengono dall’Ena i membri del Consiglio di stato, dell’Ispezione della Finanze, della Corte dei Conti (i corpi preferiti da chi ha i migliori voti), ma anche tutti gli alti funzionari della pubblica amministrazione, dalle dogane ai direttori di ospedali, ai diplomatici, ai direttori delle grandi aziende di stato o a partecipazione statale.

Dal 1945, l’Ena ha avuto 6.500 allievi (5.600 sono diventati alti funzionari) e dal 1949, quando si è aperta all’internazionale, 3.650 stranieri di 133 paesi (tra cui molti dirigenti africani). Nel 1991 c’era stato un tentativo di rinnovamento, con lo spostamento della sede da Parigi a Strasburgo, per avvicinare gli allievi alla “provincia”, ma anche alla Ue (l’Ena prepara anche ai concorsi europei). Ogni anno, al concorso esterno vengono presi 80-100 allievi (il tasso di riuscita è intorno al 6%), che si scelgono il nome della «promozione» evocando illustri personalità francesi.

In questi giorni, di fronte alla disorganizzazione della campagna vaccinale, l’alta funzione pubblica è di nuovo al centro delle polemiche. François Bayrou, alto commissario al Piano, difende la soppressione dell’Ena, «un mio cavallo di battaglia da anni»: per il politico centrista, l’Ena incarna la frattura tra l’«alto» e il «basso» della società e rappresenta un «sistema di blocco» che impedisce qualsiasi cambiamento. L’École nationale d’administration sarà sostituita da un altro sistema di reclutamento e formazione delle classi dirigenti pubbliche, con una selezione più tardiva di quella attuale (uno dei concorsi è aperto a chi ha una licenzia universitaria, a giovani sui 20-21 anni), che permetta un’apertura a tutte le origini sociali (nella promozione attuale c’è un solo figlio di operaio).

Non sia più «una protezione a vita», afferma Macron: i diplomati ormai dovranno lavorare nei territori prima di accedere ai grandi corpi statali (il giovane Macron, nel 2004, aveva protestato e bloccato la classifica di uscita per la sua promozione “Léopold-Sédar-Sengor”).

Già a febbraio, Macron aveva annunciato l’apertura di un quinto concorso – oltre ai 4 esistenti – per allargare l’accesso a nuovi profili, sul modello dell’apertura che da anni esiste a SciencesPo. Ma la riforma sarà più profonda, «un calcio nel formicaio» applaude l’ex direttrice dell’Ena e parlamentare europea (Renew), Nathalie Loiseau.

Un terremoto che sta destabilizzando chi si è preparato ai concorsi (le iscrizioni sono aperte fino al 21 maggio) e suscita critiche del presidente dell’associazione degli ex allievi, Daniel Keller, che parla di un «falso processo», «non si può far pesare sulle grandi scuole il fallimento del sistema scolastico da decenni», ha commentato. Ma lo stato spende più di 40 milioni l’anno per l’Ena: ogni studente «costa» allo stato sui 25mila euro, contro i 7.200 per un universitario, e gli allievi dell’Ena ricevono uno stipendio di 1.684 euro al mese per i 24 mesi di durata dei corsi, che sono criticati non solo perché «formattano» le mentalità, ma anche perché considerati spesso non all’altezza (sono in gran parte conferenze di uomini di potere).

*Nella foto di gruppo la promozione 1980 «Voltaire» dell’Ena (ogni anno l’alta scuola di formazione prende il nome da un illustre francese) con Ségolène Royal, François Hollande, Renaud Donnedieu de Vabres, Jean-Pierre Jouyet e Dominique de Villepin