Serviranno anni, se non decenni, perché Taranto possa uscire dalla monocultura industriale, riappropriandosi della sua storia e del suo futuro. Eppure, nonostante decenni di veleni, la città è ancora viva. E se non è sprofondata è perché in tanti non si sono arresi. Da sempre decine, centinaia di associazioni, sopperiscono al vuoto della politica, specie nel sociale. Nel corso degli ultimi anni poi, si è verificato un fenomeno del tutto nuovo, che ha riacceso la speranza. Lentamente, i giovani rimasti si sono uniti ai tanti rientrati dopo anni di emigrazione forzata. Ritrovandosi a condividere idee e un amore incondizionato per la città.

Prova ne sia quanto accaduto lo scorso novembre, quando un gruppo di giovani sotto il nome di Officine Tarantine, ha occupato gli ex Baraccamenti Cattolica, un luogo abbandonato da anni dalla Marina Militare, passato al Demanio e ora di proprietà del Comune (entrato in possesso degli stabili da pochi mesi, con due anni di tempo per valorizzarli).

L’area in questione, ubicata in pieno centro cittadino, ospitava l’ex Circolo ricreativo per marinai, un cinema, uno spaccio vendita e altre attività che si sono succedute nel corso degli anni, fino al definitivo abbandono. Per decenni, in migliaia ci sono passati accanto indifferenti. Esempio lampante di un’epoca paradossale, dove i cittadini non conoscono quasi nulla delle città in cui sono nati e vivono. Oggi, questi ragazzi stanno provando a sfondare il muro dell’indifferenza e dell’apatia.

Dopo aver ripulito l’area esterna, si sono dedicati a quell’interna: hanno ristrutturato e reso fruibile l’area teatro, luogo utilizzato per presentazione di libri, video proiezioni e conferenze, ma anche per spettacoli teatrali e concerti; l’esterno dell’edificio è stato utilizzato per mercatini artigianali e attività all’aperto. Il progetto complessivo mira a creare dei laboratori, una sorta di centro urbano polivalente, rivolto a tutta la cittadinanza, dove svolgere svariate attività. Un luogo di aggregazione sociale, dove far nascere e mettere in pratica idee: creando in un futuro non troppo lontano, anche la prospettiva di un lavoro.

Dopo un tentativo di sgombero fallito lo scorso febbraio, e una trattativa con il Comune arenatasi in attesa delle elezioni europee e di un rimpasto di giunta che tarda ad arrivare, sono partiti diversi laboratori: quello di sartoria per il riciclo della stoffa, di maglia e uncinetto, corsi di breakdance, di dj base, di chitarra, di mosaici, di inglese, e il dopo scuola per i ragazzini dei quartieri limitrofi. È presente anche una ciclo officina.

Certo, non mancano le difficoltà. I privati hanno già annusato l’affare di prendersi un enorme spazio in pieno centro. La partita si giocherà infatti sui criteri del bando che il Comune non ha ancora realizzato. L’obiettivo è fare in modo che l’amministrazione guardi soprattutto alla fruizione pubblica del luogo: come già accaduto in altre realtà italiane.

Per fortuna, questi ragazzi non sono soli. A fare da apripista è stato il gruppo «Ammazza che Piazza», nato nel settembre 2011 grazie alle idee e al coraggio di un manipolo di ragazzi, di cui uno dei fondatori, Claudio Morabito, è andato via troppo presto. Da allora, hanno rimesso a nuovo diverse aree a verde della città abbandonate all’incuria e all’inciviltà, restituendole alla città. Ora stanno entrando nelle scuole, per trasmettere la loro voglia di cambiamento. Quasi contemporaneamente alle «Officine», è nato «Plastiqquà Taranto»: un progetto di cittadinanza attiva basato sulla raccolta sistematica di rifiuti galleggianti e materiale plastico sulle coste e delle aree marine che lambiscono diversi punti della città.

Dare nuova vita ai luoghi abbandonati, riprendere possesso della città, è ciò di cui i tarantini hanno più bisogno. Diventare protagonisti del presente invece che spostare l’obiettivo in un futuro sempre più lontano. C’è il bisogno di ritrovarsi, di tornare a condividere. Riappropriandosi delle aree verdi così come delle tante strutture fatiscenti: dando loro una seconda vita e un’altra possibilità. Il tempo e la storia sono dalla loro parte. Tutto il resto conta meno di zero.