L’accusa di associazione a delinquere è caduta in fase di riesame, ma per gli aderenti al progetto Bros restano resistenza, blocchi stradali, occupazione di uffici pubblici e interruzione di pubblico servizio, azioni secondo la procura di Napoli finalizzata a turbare l’ordine pubblico per fare pressioni sulle istituzioni e ottenere “scelte gestionali della pubblica amministrazione corrispondenti a politiche sociali di tipo assistenzialistico”. Accuse piovute addosso ai disoccupati partenopei a febbraio (lo stesso giorno dei provvedimenti notificati agli esponenti della lotta per la casa a Roma) attraverso 35 le misure cautelari: dieci a piede libero, dieci hanno avuto gli arresti domiciliari, per gli altri obbligo di dimora e divieto di lasciare il proprio domicilio fino alle ore 14. Attualmente in sette hanno ancora l’obbligo di dimora fino alle 14 e uno di loro è ai domiciliari.

E’ la terza volta che la procura di Napoli prova a processare i movimenti per il lavoro. Oggi pomeriggio, a partire dalle 17, al centro sociale Banchi Nuovi verrà inaugurata la mostra Disoccupati Organizzati a Napoli – 1970/2014, documentazione e fotografie di Luciano Ferrara. Saranno presenti gli avvocati difensori Marco Campora, Ciro Passaretti e Alfonso Tatarano. In serata cena sociale con sottoscrizione per coprire le spese legali del processo in corso.

I precari del Progetto Bros sono 3.741 disoccupati formati per lavorare nel ciclo dei rifiuti grazie a protocolli sottoscritti dagli enti locali e da ministri sia di centrodestra che di centrosinistra dal 2005 al 2009. Corsi e contratti a progetto per scarsi 500 euro al mese non hanno mai portato a una stabilizzazione. Poi nel 2010 l’amministrazione del governatore Stefano Caldoro ha deciso di rifiutare qualsiasi interlocuzione lasciandoli per strada a manifestare. Al ministero del Lavoro languivano 7,5 milioni di euro che la regione ha rifiutato di utilizzare per stabilizzarli. Soldi andati persi: nei mesi trascorsi senza un accordo, il ministero si è accorto che le carte della regione Campania sul progetto Bros (20milioni stanziati nel 2009) non sono in ordine e ne ha domandato conto, bloccando nuovi finanziamenti. La procura poi ha dato il suo personale tocco.

I pm, coordinati dal procuratore aggiunto Gianni Melillo, addirittura sostengono che la lotta dei Bros sia stata diretta dai clan Misso e Giuliano, attraverso la compravendita di posti di lavoro che avrebbe fatto affluire denaro nelle casse dei clan. Una tesi sostenuta attraverso le testimonianze ‘vintage’ di due pentiti che raccontano fatti risalenti agli anni ‘70 e ‘80. In procura si sono presentati politici e assessori a raccontare di presunte minacce e timori per la propria incolumità. Una storia strappalacrime in cui tutti fanno finta di non vedere le responsabilità degli enti locali nel lasciare per strada i corsisti da dieci anni. Dieci anni in cui sono stati caricati di multe e procedimenti penali per aver protestato nella capitale italiana della disoccupazione.