I contagi calano giorno dopo giorno, ma secondo le proiezioni dell’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni le Marche saranno il penultimo territorio, dopo la Lombardia, ad azzerare i casi, alla fine di giugno.

Marche e Lombardia, peraltro, seguono la stessa linea nella lotta al coronavirus: entrambe hanno sostanzialmente dichiarato guerra al governo alla fine di febbraio ed entrambe hanno deciso di affidare la soluzione dei propri problemi a Guido Bertolaso. E la soluzione proposta dall’ex capo della protezione civile è stata la stessa per entrambe le regioni: la creazione «a tempo di record» di grandi reparti di terapia intensiva nuovi di zecca. Come stia andando a Milano, con la struttura in Fiera, è storia ormai nota (oltre venti milioni di euro il costo, centinaia di posti previsti e attualmente solo una decina occupati), ma questo dettaglio non sembra scoraggiare l’amministrazione marchigiana, che continua a lavorare sul cosiddetto Progetto 100, «l’astronave», la maxi rianimazione in allestimento a Civitanova, in provincia di Macerata.

Inizialmente tutto avrebbe dovuto essere pronto entro l’inizio di aprile, poi si è slittati a metà mese e adesso si parla di un taglio del nastro che non avverrà prima del mese di maggio. I posti letto, tra l’altro, dai cento iniziali sono scesi prima a novanta e adesso a ottantaquattro, per un costo che però non è diminuito: 12 milioni di euro, tutti elargiti da privati e raccolti dall’Ordine di Malta. Al momento, la super colletta sarebbe arrivata a quota 9 milioni, come dichiarato a più riprese la settimana scorsa, durante l’ultima visita marchigiana di Bertolaso. Non esistono tuttavia resoconti dettagliati: bisogna fidarsi e basta.

Il problema è che su Progetto 100 sono troppe le questioni rimaste in sospeso, come sottolinea tra gli altri la segretaria regionale della Cgil Daniela Barbaresi. Una delle questioni più importanti riguarda il personale: ne sarà assunto di nuovo o si andranno a pescare medici e infermieri dai vari e già sofferenti ospedali marchigiani? «In una delibera regionale – spiega Barbaresi – si chiarisce che l’Asur dovrà assicurare tutto il personale necessario a far fronte all’assistenza, utilizzando quello interno o acquisendone ulteriore con tutti gli strumenti disponibili. Si tratta di un nodo critico, visto che sappiamo che già oggi alcune strutture allestite da tempo dalla Regione non vengono aperte proprio per la mancanza di personale».

Perché le Marche ci tengono tanto ad assomigliare alla Lombardia? La tesi è che Ceriscioli punti a far cassa con i sussidi e i contributi che plausibilmente saranno elargiti alle regioni più colpite.

Le terapie intensive marchigiane, in realtà, dopo essere state in sofferenza per tutto il mese di marzo, stanno lentamente tornando a livelli sostenibili di affollamento e quindi Progetto 100 potrebbe non servire mai ma diventerebbe una normale – e costosissima – struttura di degenza semplice. «Come si giustificheranno quando verrà fuori che è un’opera inutile?», si domanda il magistrato ed ex governatore regionale Vito D’Ambrosio.

«Forse – dicono ancora dalla Cgil – sarebbe stato meglio potenziare le strutture già esistenti». In una delibera approvata dalla giunta di Luca Ceriscioli lo scorso 18 marzo, su 5 milioni di euro di stanziamenti per l’emergenza, fatti salvi gli ospedali di Pesaro e Ancona, 2 milioni sono stati destinati alle cliniche private e uno solo a tutti gli altri ospedali dell’Asur. Uno squilibrio evidente, anche in considerazione del fatto che, all’epoca dell’emanazione del provvedimento, su 1.165 ricoverati, 1.095 erano in strutture pubbliche e appena 70 in quelle private.

La decisione sull’astronave di Bertolaso risale a pochi giorni dopo questa delibera e si presenta come l’ennesimo colpo al sistema pubblico, anche perché l’ipotesi che circola maggiormente è quella di affidare il tutto a un ente privato. Il pubblico, d’altra parte, per stessa ammissione della Regione non sarebbe in grado di gestire la faccenda, a partire dall’apertura di un conto corrente per le donazioni, affidato all’Ordine di Malta perché «tra bandi e appalti si sarebbe perso troppo tempo». È l’ultimo capitolo di un decennio in cui nelle Marche sono stati chiusi 13 ospedali, con 1.175 posti letto perduti: il 18% della dotazione del 2010.