La Buti teatrale di Dario Marconcini resiste. Il nuovo tassello di una stagione che fa i conti con la miopia delle istituzioni («è come se da grande affreschi ci fossimo raccolti su noi stessi e fossimo diventati dei miniaturisti») ha debuttato al Francesco di Bartolo: La mamma sta tornando povero orfanello, un testo del 1974 di Jean-Claude Grumberg. L’opera di Grumberg, novelliere, drammaturgo, sceneggiatore per Truffaut e Costa-Gavras, emerge dal buio della Shoah: il padre, deportato nel 1942, non farà ritorno. Nel silenzio di Dio (che dissennatamente riaffiora) Grumberg affonda il pendolo del suo passato. Ma è un precipitare docile, più sussurrato che gridato. Venato di ironia, ritmi cecoviani e voli chagalliani, l’orfanello di Dario ci invita nella sua «camera verde». Ha un pigiamino fragile, seduto su una panchina come Forrest Gump invoca la madre (Giovanna Daddi, ritratto di abbagliante urgenza). Il gomitolo dei ricordi sono voci lontane sempre presenti, evocate da Emanuele Carucci Viterbi e Viviana Marino. Austero e minimalista il teatro di Dario sconfina ancora una volta in una attutita grazia metafisica. Lo spettacolo sarà al Vascello di Roma il 27 gennaio per la Giornata della Memoria.