«Un rifugiato costa al contribuente austriaco 277.000 euro» ha accusato Norbert Hofer, candidato della xenofoba Fpoe nel duello televisivo su Puls 4. Cifra esorbitante, da dove è uscita? Hofer, giovane, istruito alla perfezione nelle tecniche più diverse di retorica ha scansato la domanda, il suo avversario, l’anziano professore Alexander Van der Bellen, ex capogruppo dei Verdi, molto più lento e decisamente poco televisivo non è riuscito a inchiodarlo. Così nei dibattiti televisivi finora vincente è uscito il candidato dell’estrema destra inventandosi allegramente la realtà, «democrazia postfattuale» la chiamano vari commentatori.

La paura e la preoccupazione che vinca il Trump austriaco crescono. Nei sondaggi tuttavia i due candidati al ballottaggio delle presidenziali austriache del 4 dicembre risultano alla pari. Sul tema più caldo, i rifugiati, la Fpoe martella senza sosta. La cifra 277.000 per singolo rifugiato esiste, ma non si tratta del costo annuale bensì della stima dei costi che va dal 2015 al 2060, periodo lunghissimo come ha precisato su richiesta del quotidiano der standard il ministero degli Interni.

Proprio a ridosso del voto decisivo di dicembre la questione immigrati è deflagrata anche all’interno del partito socialdemocratico (Spoe) viennese, unico bastione rosso rimasto nel paese, un pilastro importante per la campagna di Alexander Van der Bellen che rischia di indebolirsi. Nel ballottaggio scippato di maggio, a Vienna il candidato dei Verdi ha raggiunto il 63,1%. Già la primavera scorsa il cambiamento improvviso di linea sugli immigrati era stato un motivo determinante per la caduta dell’allora cancelliere Werner Faymann. Ora lo scontro è esploso tra i rappresentanti della Spoe nei quartieri operai di periferia. A Donaustadt, Simmering e Floridsdorf alle comunali di un anno fa masse di elettori socialdemocratici sono già passati alla Fpoe. Una batosta che ha portato la destra del partito socialdemocratico a chiedere un cambiamento di linea provocando uno scontro con l’ala snistra la ci punta di diamante è rappresentata da un gruppo di donne assessori schierate sulla posizione del «welcome refugees», prima fra tutte la responsabile per la sanità e il sociale Sonja Wehsely.

Wehsely è una convinta sostenitrice del reddito di cittadinanza (Mindestsicherung) uguale per tutti, austriaci autoctoni e rifugiati riconosciuti. 833 euro netti al mese a persona, che salgono a più del doppio con bambini e partner a carico. Concepito per garantire il livello di sussistenza, fu introdotto nel 2010 su scala nazionale.

Il comune di Vienna eroga i contributi maggiori, la spesa sociale negli ultimi anni è cresciuta del 40%. L’ala di destra ha chiesto le dimissioni di Wehsely, arrivando ad avvertire il sindaco Michael Haeupl, un ex intoccabile, di preparare la sua successione. Un attacco infruttuoso visto che la momento della conta la destra si è arenata al 20%. Haeupl ha ricordato a tutti di aver vinto le elezioni comunali del 2015 con una linea di aperto contrasto con la Fpoe in difesa dei diritti dei migranti. Per ora la resa dei conti è rinviata. «Il reddito di cittadinanza è uno strumento di lotta alla povertà. Mi batterò fino all’ultimo per il suo mantenimento. Vienna non farà la politica sociale della Fpoe» ha detto Haeupl.

Sul reddito di cittadinanza si divide da mesi il governo di coalizione tra socialdemocratici del cancelliere Christian Kern e i popolari (Oevp). I popolari su questo punto sono sulla stessa linea della Fpoe e chiedono che il reddito di cittadinanza pieno sia riservato ai soli cittadini austriaci. «Chi non ha pagato mai contributi nel sistema sociale non può avere gli stessi diritti» ripetono H.C. Strache e Hofer. «Chi non lavora non può prendere quanto uno che lavora», il mantra del Oevp. In Alta Austria, dove i popolari governano insieme alla Fpoe, è stato già introdotto un sussidio più basso per i rifugiati e un tetto massimo per tutti. Lo stesso è accaduto in Bassa Austria governata dai popolari. Sull’argomento reddito di cittadinanza è saltato ogni possibile accordo di governo, con l’ala dura dei popolari raccolta intorno al ministro degli esteri, l’astro nascente Sebastian Kurz, che ha chiesto la resa incondizionata dei socialdemocratici.

Kurz agisce per conto suo, tessendo rapporti con i paesi Visegrad in parallelo a Hofer. Tanto che ormai si discute delle possibili date di elezioni anticipate considerate ormai inevitabili, nonostante la possibilità che il partito di Hofer possa vincere anche queste. Intanto il cancelliere Christian Kern lavora per un riposizionamento più a sinistra della Spoe a partire dalla critica alle politiche di austerity e del liberismo sfrenato, per un rilancio del ruolo pubblico nella politica economica. Ma Kern deve fare i conti anche con la destra del suo partito, quella che nel Burgenland, regione a est di Vienna governa insieme alla Fpoe. Lì il presidente della regione Heinz Niessl, socialdemocratico, ha vietato ai suoi iscritti di fare campagna per Alexander Van der Bellen.