L’Alto commissario per i rifugiati dell’Onu, Filippo Grandi, si è detto «profondamente preoccupato» dalla bozza di accordo che, all’una di notte, è uscita dopo più di 11 ore di vertice europeo a 29, i 28 più la Turchia. Si tratta di un’intesa che «non tiene conto delle salvaguadie della legge internazionale di protezione dei rifugiati», secondo Grandi.

Per Amnesty International è semplicemente «assurdo» considerare la Turchia «paese sicuro» a cui rimandare i rifugiati dalle sponde europee (basti pensare a un profugo curdo: quali garanzie ha la Ue?). Il direttore regionale per l’Europa dell’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, Vincent Cochetel, ricorda che le «espulsioni collettive sono proibite dalle Convenzioni Ue».

Dopo le prime, imprudenti, affermazioni del presidente dell’Europarlamento, Martin Schultz, nella notte di lunedì, secondo il quale «qualunque misura che contrasti l’attività dei trafficanti deve essere esaminata», ieri anche il parlamento europeo ha espresso «preoccupazione». I 28 hanno preso tempo fino al prossimo Consiglio del 17-18 marzo per dare una risposta definitiva alle proposte turche, in base alle quali è stata redatta la bozza di accordo al vertice di Bruxelles di lunedì. Il testo, che ha preso di sorpresa molti leader europei, era stato definito nella notte di domenica, in un lungo incontro tra Angela Merkel e Ahmet Davotuglu, alla presenza di Jean-Claude Juncker e Mark Rutte, primo ministro olandese, che ha la presidenza semestrale Ue.

Ma la Ue e i suoi leader (Merkel in testa, che teme le elezioni di domenica in tre Länder) hanno fretta di trovare una soluzione qualunque alla crisi dei rifugiati, quindi non arretrano di fronte al peggiore cinismo. Così, il presidente della Commissione Juncker ha affermato che la bozza di accordo è giuridicamente corretta, anche se riguarda non solo i migranti economici ma anche i rifugiati, in particolare i siriani.

I diplomatici che a Bruxelles avevano preparato un testo di accordo, sono molto più prudenti: giuridicamente, l’accordo non rispetta la lettera dei trattati internazionali, come la convenzione del 1951, che proibisce le espulsioni di massa e garantisce l’asilo esaminato caso per caso. Grandi ricorda che i rifugiati possono solo venire rinviati in paesi che garantiscono che, a loro volta, non li rispediranno verso i paesi da dove sono fuggiti. Ma la bozza di accordo dice esattamente il contrario: la Turchia dovrà negoziare con i paesi di origine dei migranti economici, per poi rimpatriarli. Per i siriani, invece, ci sarà una lista per chiedere l’asilo in Europa. Inoltre, la bozza contraddice quello che Juncker aveva ripetuto fino alla vigilia: con le espulsioni preventive collettive e sistematiche, l’analisi individuale delle richieste d’asilo sarà rimandata alla seconda fase del processo (Bruxelles ha condannato l’Austria per aver deciso unilateralmente un numero massimo di entrate giornaliere).

Paradossalmente, la Commissione e i leader europei non sembrano rendersi conto che la proposta «uno a uno» – per ogni profugo riammesso dalla Turchia l’Europa si impegnerebbe ad accogliere per vie legali un altro rifugiato in un campo in Turchia – potrebbe finire per aggravare la crisi e favorire le manovre turche per aumentare il numero dei migranti illegali sulle coste greche: difatti, più ne arrivano, più ne saranno rispediti in Europa. Anche i profughi potrebbero essere tentati dallo stesso ragionamento.

Chi penserà alle espulsioni? Il “lavoro” verrebbe affidato a Frontex, in collaborazione con i turchi.

Molti leader europei sono estremamente imbarazzati dal tono della bozza di accordo. Timidamente, alcuni – Hollande, Renzi – hanno accennato al problema della libertà di stampa e al caso Zaman, confermato dai nuovi mandati d’arresto di ieri. In Gran Bretagna il ministero degli Esteri ha espresso perplessità (ma Londra se ne lava le mani, con un piede già fuori dalla Ue). Poi, tutti hanno accettato la logica di fondo, di subappaltare i profughi alla gestione della Turchia.

A Bruxelles si sono invece fatte sentire con più forza delle riserve sui costi dell’operazione. I turchi chiedono il raddoppio del finanziamento Ue (6 miliardi entro il 2018, le prime centinaia di milioni dovrebbero venire versate a breve) e i 28 dovranno anche pagare i costi delle espulsioni. Forti riserve esistono anche sulle due altre richieste di Ankara: liberalizzazione dei visti Schengen per i cittadini turchi da giugno, senza aspettare il “rapporto” della Commissione e accelerazione del negoziato per l’adesione alla Ue (con l’apertura di 5 nuovi capitoli di trattative).