«C’è spaesamento totale negli uffici giudiziari italiani» dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge Fini-Giovanardi. Perché oltre ad aver sollevato almeno due indirizzi interpretativi, c’è un’oggettiva «difficoltà di applicazione», e la previsione di una mole immensa di lavoro che in qualunque caso si riverserà sui tribunali chiamati al ricalcolo delle pene secondo la vecchia normativa Jervolino-Vassalli che attualmente rivive, emendata dal referendum dei Radicali del ’93, e – per complicare le cose – in applicazione pure delle norme contenute nel decreto Cancellieri appena convertito in legge. Ecco dunque l’«urgente necessità» di un provvedimento – mai come in questo caso sarebbe necessario un decreto legge – per ridefinire omogeneamente lo sconto di pena da applicare seguendo il principio, così come sottolineato dalla stessa Corte costituzionale, del «favor rei».

A chiederlo, denunciando la preoccupazione delle procure di tutta Italia, sono stati magistrati, giuristi, operatori e garanti dei detenuti che ieri hanno partecipato, a Genova, a uno dei quattro laboratori aperti in varie sedi della città nella prima delle due giornate del convegno organizzato dalla Comunità di San Benedetto al Porto per parlare di droghe, «Sulle orme di Don Gallo».

Quasi un remake dell’ultima vera Conferenza nazionale sulle droghe che il capoluogo ligure ospitò ormai 14 anni fa. Con centinaia di persone di ogni età e provenienti da tutta Italia – operatori, consumatori, gruppi di autoaiuto, studiosi ed esperti di ogni disciplina applicata alla questione delle sostanze, amministratori locali, parlamentari e perfino esponenti politici – che hanno affollato per una giornata intera le sale del Palazzo Ducale e della Regione Liguria dove si è discusso del sistema dei servizi, della gestione degli spazi urbani, della normativa e del sistema sanzionatorio vigente in Italia e nel quadro internazionale. E per la prima volta anche del consumo (vedi articolo a fianco) con lo sguardo in soggettiva. «Ripartire da Genova», appunto, e dai «drogati», parola che provocatoriamente si ripete nel programma del convegno, che si conclude oggi con l’assemblea plenaria per evidenziare, come diceva don Gallo, la deumanizzazione della persona tossicodipendente utile al proibizionismo.

Nel laboratorio dedicato alla progettazione e all’uso di nuovi spazi urbani nell’attuale contesto di consumo e di mercato delle sostanze, coordinato da Grazia Zuffa, operatori di SerT e comunità, amministratori e consumatori si sono confrontati sulle mille difficoltà dovute anche a «una politica che negli ultimi anni si è concentrata su interventi ad effetto» e a un «modello di welfare ritagliato sulla dipendenza come era concepita negli anni ’90». Oggi, con i consumi e gli stli di vita diversificati, sarebbe «più moderno» mettere in campo «interventi sociali generalizzati piuttosto che concentrarsi su servizi specialistici per le dipendenze». Anche se, sottolineano tutti, i tagli incondizionati delle risorse hanno ridotto questi ultimi quasi a forme di volontariato.

«Le relazioni sociali ed economiche influenzano oggi più che mai il consumo di droghe», e anche il mercato. Come fa notare l’economista Marco Rossi, al tavolo «I drogati e la legge», «lo spaccio non è più solo monopolio delle mafie» ma è ormai diventato un’attività economica integrativa per sopravvivere alla crisi. E’ questo il laboratorio più partecipato: con la coordinazione di Franco Corleone, magistrati e giuristi analizzano gli effetti della sentenza della Consulta. E ad ascoltarli ci sono decine di consumatori, alcuni anche alle prese con gli effetti penali della Fini-Giovanardi che ha cambiato ben 25 norme del testo unico sulle droghe 309/90 innalzando le pene (da 6 a 20 anni) per 22 condotte diverse (nella Jervolino-Vassalli erano 17) e facendo convergere in due sole tabelle identificative ben 170 sostanze (molte delle quali non catalogate dalle 4 tabelle inserite nella pre-esistente legge). Ma la selva di norme emendate dal referendum del ’93 e rettificate da varie sentenze della Cassazione, a cui si aggiungono le recenti depenalizzazioni dei «fatti di lieve entità» introdotte dal decreto cosidetto «svuotacarceri» proprio mentre arrivava la sentenza della Consulta, creano proeccupazione negli uffici giudiziari. Troppa discrezionalità per i giudici ordinari e troppo alto il rischio che gli incidenti di esecuzione qualora fossero richiesti dai singoli condannati possano produrre mostruosità – come spiega il magistrato Franco Maisto – a tutto discapito del «favor rei» raccomandato dalla Consulta. Ecco perciò la necessità di un provvedimento che ristabilisca l’equità della legge e agevoli il lavoro dei tribunali.

Ma che sia ora di voltare pagina rispetto ad un approccio politico rivelatosi «inconfutabilmente fallimentare» – cominciando dalla «cancellazione totale della legge Fini-Giovanardi» – è opinione condivisa anche dal sindaco di Genova, Marco Doria, e dal vicepresidente della Regione Liguria, Claudio Montaldo, intervenuti in apertura dei lavori. Doria, che ha appena varato un regolamento comunale per combattere il gioco d’azzardo e la proliferazione delle sale riflette: «Come amministratore introduco proibizioni ma vedo la debolezza del proibizionismo e allora penso che dobbiamo solo guidare le persone verso scelte consapevoli tornando ad essere padroni di se stessi».

«Autodeterminazione, la chiamava Don Gallo, per sé e per la società», ricorda Fabio Scaltritti della Comunità di san Benedetto al Porto.