In attesa di sapere chi sarà il prossimo guardasigilli, questa settimana ci tuffiamo nei dati, nei freddi numeri, nelle cifre nude e crude. E in particolare su un tema che provoca l’orticaria ai profani quale è il processo civile telematico, ovvero l’eliminazione della carta e dei relativi «faldoni» sostituiti via via da atti informatizzati. Ai medesimi profani va infatti ricordato che dal prossimo 30 giugno una buona parte del sistema processuale civile italiano dovrebbe essere trasferito completamente sul telematico.

L’ostacolo principale al progetto è, ovviamente, la condizione di partenza: a che punto siamo, oggi? Che non si parta dal nulla lo si deduce dalle date stesse. Non si potrebbe mai ipotizzare di raggiungere 100 se adesso fossimo a zero. Tuttavia siamo abbastanza indietro da fare temere a più di uno che la data di arrivo, la meta, richiederà uno sforzo sovrumano.

A fornire il quadro, sono le statistiche del ministero di grazia e giustizia. Al momento, il Pct coinvolge il contenzioso civile, il tribunale del lavoro, le esecuzioni mobiliari e immobiliari, le procedure concorsuali e si sta estendendo alla volontaria giurisdizione. Nel 2013, perciò nell’anno appena trascorso, nei 26 distretti di corte d’appello soltanto 94 tribunali su 140 registravano almeno un servizio telematico attivo, con un tasso quindi del 67%. Percentuale che però varia spaventosamente viaggando tra i singoli distretti.

Scontato il 100% del distretto di Milano, come quello di Torino. Meno scontata l’analoga percentuale di Genova, Bologna, Ancona, Perugia, Bari e, soprattutto, Palermo. Drammatico lo zero assoluto di Salerno, Lecce, Catanzaro e Cagliari ma certo non meno disperanti le percentuali di un distretto come Roma, dove ci si attesta al 44%, o Venezia (43%), per non parlare di Napoli (14%).

Fermiamoci per uno zoom sull’eccellenza massima: Milano.

Spulciando tra le pagine del Bilancio di Responsabilità Sociale presentato da Livia Pomodoro a fine gennaio, si viene a sapere che a giugno 2013, si è toccata quota 17.680 decreti ingiuntivi telematici (il 71% dei decreti emanati) che hanno consentito di abbattere i tempi di attesa per quel tipo di provvedimento da 50 a 15 giorni. Complessivamente, nel 2013 sono stati depositati 116.307 atti telematici, oltre 50.000 dei quali erano atti del giudice, 42.000 atti delle parti, 23.000 verbali di udienza, con un incremento complessivo sull’anno precedente del 25%. Citando dalla relazione: «Il Tribunale di Milano è il primo d’Italia per l’uso del telematico per il deposito degli atti sia degli avvocati (il 41,7%) sia dei magistrati (23%)». Ma non tutta l’Italia è Milano. Se qui, torniamo alle statistiche ministeriali, nel 2013 sono stati 379 i magistrati (su scala annuale) che hanno depositato telematicamente, a Roma se ne sono registrati soltanto 95 (e la capitale dispone di un organico superiore), battuti persino da Napoli che ne ha visti 115.

Ci sono anche buone notizie. Ad esempio, i depositi telematici effettuati da utenti esterni sono cresciuti dell’85% tra gennaio e dicembre 2013. La parte del leone la fanno gli avvocati, con 179.723 atti telematici depositati (il 56% del totale degli utenti esterni), seguiti dai curatori con 85.372 atti. La tipologia più frequente sono gli atti istruttori con 181.453 depositi; l’ambito quello del contenzioso con 132.216 atti, seguito dal fallimentare con 87.482 atti.

I numeri saranno anche freddi, ma sono indispensabili per capire che il primo compito del futuro guardasigilli sarà quello di trovare le risorse per arrivare a meta. Finanziare il telematico ed estenderlo a tutto il paese significa dare uno scossone alla claudicante giustizia italiana.