La Procura, al termine di due giorni di processo, ha chiesto 3 mesi di carcere con la condizionale e 8mila euro di multa (ma nessun periodo di ineleggibilità) per Jean-Luc Mélenchon, che è comparso di fronte al tribunale di Bobigny assieme ad altri 5 membri della France Insoumise, per rispondere all’accusa di «intimidazione verso l’autorità giudiziaria, ribellione, provocazione». I fatti risalgono a un anno fa: il 16 ottobre 2018 una perquisizione nella sede del partito, a Parigi, nell’ambito di un’inchiesta per sospette irregolarità sui conti della campagna elettorale e sulle assunzioni di assistenti parlamentari al Parlamento europeo, si era trasformata in uno scontro tra i dirigenti del partito presenti sul posto e gli inquirenti, un magistrato e dei poliziotti. Urla, spintoni, dichiarazioni altisonanti («La mia persona è sacra», «la Repubblica sono io»), al punto che la perquisizione era stata interrotta. La scena era stata filmata da una équipe televisiva, il processo non ha quindi portato nessuna novità fattuale.

Ieri, Mélenchon ha criticato con forza la richiesta di pena, che nei fatti è molto moderata visto che la legge prevede, per questo tipo di reato, fino a 10 anni di carcere e 150mila euro di multa. Mélenchon ha confermato ieri l’accusa contro il governo di aver costruito un «processo politico» per «tappare la bocca» a un esponente dell’opposizione. «E adesso chiedono dei soldi! – ha commentato alla conclusione dei due giorni di processo – l’operazione si sta sgonfiando, da dieci anni si è passati a tre mesi, tutto questo casino per questo?». Fuori dal tribunale di Bobigny, militanti della France Insoumise hanno manifestato, scandendo «Resistenza», per sostenere la tesi del «processo politico». Un ex ministro degli Interni dei tempi di Mitterrand, Pierre Joxe, è andato a sostenere Mélenchon al processo. La Procura ha contestato un’ostruzione alla giustizia. La giudice ha ricordato che «siamo in una democrazia, fondata su un contratto sociale, non c’è libertà senza legge e nessuno è al di sopra delle leggi». E ha parlato di spreco di intelligenza» per descrivere la piega che ha preso la polemica che ha accompagnato il processo.

La giornata del 16 ottobre 2018 ha avuto effetti negativi per Mélenchon e la France Insoumise, che dal 19% ottenuto al primo turno delle presidenziali del 2017 è crollata al 6% delle europee, anche a causa dell’immagine violenta data dal leader nella reazione alla perquisizione. La strategia di trasformarsi in vittima di un processo politico, stando a un sondaggio, ha convinto più del 40% degli intervistati. Ma resta il rischio dell’esagerazione: in un libro uscito proprio il giorno dell’apertura del processo, Et ainsi de suite. Un procès politique en France (Plon), Mélenchon si paragona a Lula. Accusa il governo di lowfare (strumentalizzazione della giustizia a fini repressivi), definisce Nicole Belloubet e Christophe Castaner, ministri della Giustizia e degli Interni, «la coppia della repressione cieca» e se la prende con la giustizia in generale, una posizione che ha sollevato la critica del Sindacato della Magistratura.