Più che una riforma, la lunga serie di interventi sul processo penale illustrata ieri pomeriggio dai saggi della ministra Cartabia ai rappresentanti della maggioranza si avvicina a una rivoluzione. Introdotti da un appello quasi drammatico della Guardasigilli, secondo la quale «sulla durata dei processi il governo si gioca tutto il Recovery» (non solo i 2,7 delle giustizia ma tutti i 181)il presidente del comitato tecnico Giorgio Lattanzi e il vicepresidente Gian Luigi Gatta hanno elencato una lunga serie di correzioni al disegno di legge delega Bonafede la cui trattazione sta per entrare nel vivo in commissione alla camera. Nel complesso una svolta netta nella direzione dei riti alternativi, della giustizia riparativa e dei limiti all’impugnazione in appello, in questo caso andando anche oltre i desideri (storici) di una parte della maggioranza (il centrodestra) e i limiti segnati da due sentenze (2007 e 2008) della Corte costituzionale. Al termine quasi tutti i partecipanti al tavolo (virtuale) si sono detti soddisfatti (vedremo l’eccezione), ma chi per un motivo e chi per un altro e soprattutto senza aver ancora potuto leggere i testi delle proposte in forma di emendamenti. Che arriveranno nei prossimi giorni e dovranno tenere conto degli oltre 600 emendamenti al ddl Bonafede già firmati dai partiti della maggioranza (un altro centinaio è di Fd’I). E tanto per cambiare il nodo più difficile da sciogliere sarà quello della prescrizione.

È l’unico punto sul quale la commissione guidata dall’ex presidente della Consulta Lattanzi non ha indicato una sola soluzione, ma due. Tenendo aperta sia la strada della prescrizione cosiddetta sostanziale – i cui termini si bloccherebbero già con il rinvio a giudizio e fino a due anni oltre il primo grado e un anno dopo l’appello (un po’ sul modello del lodo Conte 2 già inserito nel ddl Bonafede, dove però si fa distinzione tra condannato o assolto in primo grado) – sia la strada della prescrizione cosiddetta processuale, per la quale esistono già proposte di Pd e Leu, che prevede l’improcedibilità a vantaggio degli imputati se i gradi di giudizio raggiungono una durata abnorme (4 anni, tre e uno per i tre gradi) e sconti di pena o indennizzi agli assolti nel caso di durate superiori ai limiti già previsti dalla legge Pinto. «La prima è la strada più semplice, la seconda quella più coraggiosa che ci auguriamo venga scelta» dice Alfredo Bazoli del Pd. Ma al di là della scelta c’è subito un passaggio tecnico che divide 5 Stelle, Pd e Leu da Forza Italia, Lega, Iv e Cambiamo +Europa. I primi sono perché la riforma (della riforma) della prescrizione trovi spazio accanto a tutte le altre norme di delega «per ragioni di equilibrio del sistema e perché è bene che non si cominci subito piantando bandierine» spiega Federico Conte di Leu. I secondi vorrebbero che la correzione del testo Bonafede sia immediata, con una norma di immediata applicazione.

Il resto delle scelte della comitato prevede un forte incentivo ai patteggiamenti (che arriverebbero a comprendere reati puniti fino a 10 anni), un limite alla durata delle indagini, una riduzione delle udienze preliminari (solo per i reati più gravi) e sul fronte della giustizia riparativa l’introduzione dell’istituto della «archiviazione meritata» (formula introdotta qualche anno fa da uno dei saggi di Cartabia, il professor Mitja Gialuz) che consente all’imputato di evitare la condanna compensando preventivamente la comunità, con lavori di pubblica utilità o il pagamento di una somma. Una sorpresa è stata la proposta di impedire del tutto al pubblico ministero di proporre appello, sia in caso di assoluzione che in caso di condanna. Va tenuto presente che la Corte costituzionale fa ha già giudicato illegittima la legge Pecorella (appello del pm vietato solo in caso di assoluzione) per tutelare la parità delle parti nel processo. La commissione immagina di superare questo limite filtrando parecchio anche la possibilità dell’imputato di fare appello (prevedendo una tipizzazione dei ricorsi). Assai “spinta” anche la proposta che sia il parlamento a indicare ogni anno le priorità dell’azione penale, vista l’obbligatorietà che resiste nell’articolo 112 della Costituzione.

«Abbiamo obiettivi davvero ambiziosi, la riduzione del 40% dei tempi della giustizia civile e del 25% di quella penale», ha ricordato la ministra Cartabia, invitando i partiti a «non guardarsi come avversari». Secondo il Pnrr il disegno di legge delega va approvato entro dicembre. Ma non a caso di fronte alla profondità delle innovazioni proposte sono i 5 Stelle i primi a sollevare dubbi: «È stato un incontro interlocutorio, per noi è importante mantenere il perimetro del ddl Bonafede».