L’inchiesta sulla “P3”, presunta associazione segreta “volta a condizionare il funzionamento di organi costituzionali e di rilevanza costituzionale”, porta ancora una volta Denis Verdini in una scomoda posizione, vista la richiesta di condanna nei suoi confronti a 4 anni di reclusione. L’accusa che lo riguarda è quella di corruzione. Secondo i pm Rodolfo Sabelli e Mario Palazzi che ieri hanno ultimato la loro requisitoria, l’allora coordinatore di Forza Italia “si sarebbe adoperato per il gruppo nella consapevolezza del vincolo che legava Carboni, Martino e Lombardi”. Questi i tre promotori del sodalizio, per i quali le richieste di condanna sono pesanti: nove anni e sei mesi per Flavio Carboni; otto anni e sei mesi per l’ex giudice tributarista Pasquale Lombardi, e per l’imprenditore Arcangelo Martino.
All’appello manca il convitato di pietra Marcello Dell’Utri, giudicato separatamente per associazione per delinquere, con un processo in corso sempre a Roma. Ma con buona pace della triade Carboni-Martino-Lombardi, e dello stesso Dell’Utri, è Verdini la star politica del processo, vista l’importanza della sua pattuglia di Ala nelle dinamiche parlamentari che accompagnano la vita del governo Renzi.
Fu uno scandalo, quello sulla “P3”, deflagrato nella primavera del 2010, dopo un anno di indagini su una serie di illeciti legati al business dell’eolico e della bonifica di alcune zone inquinate della Sardegna, con il coinvolgimento di imprenditori, politici e amministratori locali oggi imputati. Ben più centrale, nell’economia dell’inchiesta, la successiva scoperta – messa nero su bianco nel capo d’accusa – che il “comitato d’affari” di Carboni, Martino, Lombardi, e Verdini, si sarebbe adoperato “per influenzare la decisione della Consulta nel giudizio sul cosiddetto lodo Alfano”.
Fra le contestazioni dei pm Sabelli e Palazzi, anche gli interventi “sui magistrati della corte di Cassazione, allo scopo di favorire una conclusione favorevole alla parte privata di cause pendenti sia di natura civile (Lodo Mondadori) che penale, come, ad esempio, il ricorso contro la misura cautelare disposta dalla magistratura napoletana nei confronti dell’ex deputato Nicola Cosentino”. Il quale fa parte dei numerosi imputati per i quali sono state chieste condanne per reati non legati all’associazione per delinquere: per lui un anno e sei mesi per diffamazione e violenza privata; per l’ex primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, cinque anni per corruzione; e per l’ex presidente regionale sardo Ugo Cappellacci un anno per abuso d’ufficio.
Sia per Cosentino che per Cappellacci, e con loro gli altri imputati “minori”, in ogni caso il traguardo della prescrizione è a un passo. Non così per l’ex togato Carbone, per Verdini, e per la triade Carboni Martino Lombardi, se a primavera i giudici confermeranno le ipotesi di accusa della procura.