«Tutti colpevoli, compresi poliziotti penitenziari e infermieri». Quasi un colpo di scena, la richiesta del procuratore generale Mario Remus alla I Corte d’Assise d’Appello di Roma che ieri ha riaperto il processo per la morte di Stefano Cucchi. Un ribaltamento della sentenza di primo grado che il 5 giugno scorso ha condannato per omicidio colposo solo cinque medici dell’ospedale Pertini – dove il giovane tossicodipendente romano morì nell’ottobre 2009, sei giorni dopo essere stato arrestato e rinchiuso nel carcere di Regina Coeli – prosciogliendo invece tutti gli altri imputati. Perché, come motivò la III Corte d’Assise di Roma, Stefano Cucchi venne sì pestato, come dimostrano le lesioni vertebrali sul corpo del giovane, ma «plausibilmente» dai carabinieri che lo avevano in custodia durante il suo arresto e non dagli agenti della penitenziaria.

E invece il Pg Remus sostiene che Cucchi fu picchiato dopo l’udienza di convalida del suo arresto, contrariamente a quanto ipotizzato dalla stessa accusa durante il primo grado di giudizio. «Finalmente non ci sentiamo soli in un’aula di tribunale, per la prima volta non ho sentito insultare mio fratello», è stata le reazione a caldo di Ilaria Cucchi.

«C’è la prova che Stefano non avesse segni di aggressione violenta prima di arrivare in udienza», ha detto il procuratore generale confermando quanto ipotizzato anche dalla famiglia della vittima. L’aggressione «volontaria e intenzionale», secondo l’accusa, da parte «degli agenti della Polizia penitenziaria che lo avevano in custodia», è «avvenuta dopo l’udienza di convalida dell’arresto e prima della sua traduzione in carcere». E infatti, Cucchi «in udienza ha battibeccato, si è alzato più volte, ha scalciato un banco. Certo non avrebbe potuto farlo se fosse stato fratturato».Di qui la richiesta di 2 anni di reclusione per lesioni personali aggravate per i poliziotti penitenziari Menichini, Santantonio e Domenici, assolti in primo grado.

Ma secondo Remus anche gli infermieri del Pertini, al pari dei medici, fornirono all’uomo cure inadeguate, con una «trascuratezza» che «appare ingiustificabile»: «Cucchi – ha accusato il Pg – entra in stato di detenzione in condizioni cliniche già precarie, emaciato, con poca massa muscolare; era un paziente fisicamente difficile che richiedeva cure particolari e non ordinarie». Perciò, ha aggiunto, «le condotte contestate agli infermieri dei quali si chiede ora la condanna sono accomunabili a quelle dei medici, anche se per entrambi non ci fu una deliberata volontà di non curare Cucchi». La richiesta del Pg è di condannare per omicidio colposo medici e infermieri, con 3 anni di reclusione per il primario, Fierro; 2 anni ciascuno per i medici Corbi, Bruno, De Marchis Preite e Di Carlo; un anno per gli infermieri, assolti in primo grado, Flauto, Martelli e Pepe; e la conferma di 8 mesi di carcere per falso al medico Caponetti.

«Condivido ogni parola di critica espressa dal Pg – ha commentato l’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi – Sono rimasto colpito dall’efficacia del suo intervento. Ritengo che ci abbia aperto le porte per il riconoscimento della nostra tesi dell’omicidio preterintenzionale».

Di tutt’altro avviso ovviamente i difensori dei poliziotti penitenziari: «L’assunto accusatorio sostenuto finora è completamente caduto – ha sottolineato Diego Perugini, avvocato di uno degli agenti – Il Pg non ci ha detto chi avrebbe picchiato Stefano tra i carabinieri che lo hanno portato nelle celle e gli agenti, e sulla base di quale testimonianza può sostenere ciò che ha detto nella sua relazione».

Ma è ancora una volta Ilaria Cucchi ad alzare lo sguardo al problema generale: «Il procuratore generale in udienza ha esordito descrivendo un vero e proprio pestaggio di Stato e una grave compromissione e negazione dei diritti umani in danno di mio fratello – scrive in una nota – Dedico queste parole al senatore Giovanardi e al signor Capece che mi attaccano sistematicamente, ed al ministro della Giustizia che prenda provvedimenti. Affinché si possa avere un sincero momento di riflessione sui terribili fatti che hanno portato a morte Stefano. Penso anche alla tanto auspicata approvazione della legge sulla tortura che il nostro Paese continua a rifiutarsi di adottare a dispetto dei moniti che ci vengono rivolti dall’Onu».