C’è il comandante generale dei carabinieri Giovanni Nistri che ribadisce ancora tutto il suo dolore e la sua vicinanza alla famiglia di Stefano Cucchi, come ci si aspetta da un servitore dello Stato. E c’è un maresciallo maggiore dell’Arma che, subito dopo la condanna a 12 anni di carcere per omicidio preterintenzionale ricevuta giovedì da due dei cinque militari imputati nel processo bis, Raffaele D’Alessandro e Alessio Di Bernardo, ha voluto omaggiare Ilaria Cucchi con un baciamano, un gesto antico almeno quanto il Corpo al quale appartiene.

Eppure c’è ancora chi ha il mito dell’uomo in divisa al di sopra della legge, chi deve aver scelto di stare da una parte della barricata perché troppo vicino allo stile di vita di chi sta dalla parte opposta. Ed è forse a loro che si rivolge Matteo Salvini quando, commentando a caldo la sentenza, arriva a dire (come ha scritto il manifesto ieri): «Se qualcuno ha usato violenza, ha sbagliato e pagherà. Ma questo dimostra che la droga fa male». Parole incredibili, forse una provocazione per far parlare di sé, in cerca di voti nell’ultradestra. Neppure il cultore del proibizionismo, Carlo Giovanardi, si spinge a tanto, e si limita a rispondere ai microfoni de La Zanzara che non ha nulla di cui chiedere scusa. Ma Ilaria Cucchi risponde a tono: «Che c’entra la droga? Salvini perde sempre l’occasione per stare zitto. Anch’io da madre sono contro la droga ma Stefano non è morto di droga».

LA SORELLA DEL RAGAZZO morto, dopo sette giorni di inumane sofferenze fisiche e psichiche, a 31 anni per le conseguenze delle lesioni procurate nel pestaggio subito mentre veniva accompagnato ad un fotosegnalamento mai eseguito, è abituata ormai a questo tipo di invettive: «Contro questo pregiudizio e contro questi personaggi ci siamo dovuti battere per anni – ricorda – Tanti di questi personaggi sono stati chiamati a rispondere in un’aula di giustizia, e non escludo che il prossimo possa essere proprio Salvini», sottolinea Ilaria riferendosi alle querele che ha dovuto presentare contro chi l’ha ingiuriata e perfino minacciata, in questi anni.

Ma non è sola, questa volta, a parte qualche organizzazione come l’Unione sindacale italiana carabinieri che si dice fiduciosa nel processo d’Appello, convinta che il geometra romano sia «morto ma non ucciso», e ricorda «il caso Magherini di Firenze, dove i carabinieri furono condannati in primo grado e successivamente assolti in via definitiva». Stavolta il mondo della politica ha reagito con sdegno alle parole sconnesse del leader leghista.

«SALVINI, NON PUOI DIRE che la sentenza su Cucchi dimostra che la droga fa male – risponde il ministro degli Esteri Luigi Di Maio in diretta Facebook – Cosa significa? Che se uno sbaglia nella vita deve essere pestato a morte? Credo che sarebbe meglio porgere le scuse…». Più tardi, intervenendo ad una trasmissione televisiva sul canale Nove, il capo del M5S prende in prestito la definizione coniata da Marco Travaglio e a proposito del «cazzaro verde» dice: «Attaccarlo sulla questione del fascismo è fargli un favore. Dire che invece difendeva la Arcelor e Benetton anziché gli italiani può far capire di chi stiamo parlando».

Anche la sindaca di Roma, Virginia Raggi, twitta: «Vergognose le parole di Matteo Salvini su Stefano Cucchi. Un abbraccio alla sua famiglia». Mentre il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra, anch’egli dei 5 Stelle, bacchetta duramente l’esponente della destra: «Non conosci umiltà e vergogna». E suggerisce al capo del Carroccio le «uniche parole sensate» che dovrebbe pronunciare, ossia le «scuse» alla famiglia del ragazzo.

Scuse che non arriveranno mai, anche se a chiederle con forza è anche Stefano Fassina, perché, spiega il deputato di Leu, quell’infelice frase «oltre a ferire i familiari di Stefano, danneggia anche l’Arma dei Carabinieri». Dal Pd si leva la voce dell’onorevole Giuditta Pini che definisce Salvini, aspirante prossimo primo ministro, «indegno di rappresentare le istituzioni».

«DOPO QUESTA SENTENZA – risponde a distanza Ilaria Cucchi dalla Fondazione Feltrinelli di Milano dove ieri ha presentato il libro scritto con l’avvocato Fabio Anselmo, Il coraggio e l’amore – sono tante le persone che dovrebbero chiederci scusa. Però io penso a chi ci è vicino e ci dà la forza di andare avanti». Ecco perché a questa donna e al suo compagno, il pubblico di Bookcity (tra loro anche il sindaco Giuseppe Sala) ha riservato un lungo applauso. E una standing ovation.