Torna in libertà Taner Kiliç, presidente di Amnesty Turchia. L’ultima udienza del cosiddetto «processo Amnesty» si conclude con una buona notizia: è stato annullato il provvedimento di custodia cautelare che da otto mesi lo costringeva dietro le sbarre. Anche per Kiliç si aprono le porte del carcere dopo che il 25 ottobre, all’ultima udienza, erano stati scarcerati gli altri imputati.

Il fascicolo di Kiliç, accusato di legami con l’organizzazione dell’imam Fetullah Gülen che le autorità turche considerano autore del fallito golpe del 2016, è stato solo in un secondo tempo unito a quello degli altri dieci imputati, finiti in carcere perché accusati di associazione terroristica in seguito a un meeting organizzato da Amnesty ad Istanbul.

Testimoni anonimi, parlamentari di governo e indicazioni di polizia e servizi segreti avevano definito l’incontro una riunione cospiratoria per sobillare il caos. Nella sua difesa Kiliç è tornato sulla questione affermando: «Credo che Amnesty e gli attivisti stati processati al solo scopo di intimidire. Non c’è altra spiegazione all’unione dei due casi in sede di processo».

Tra i testimoni chiamati in aula il proprietario dell’hotel di Buyukada, l’isola di Istanbul dove si è tenuto il meeting. La sua testimonianza ha spazzato via il clima di sospetto che la procura aveva cercato di costruire sull’evento: «Nessuno dei partecipanti richiese particolare segretezza per il luogo della riunione. Né chiesero allo staff dell’hotel di uscire dalla stanza, abitualmente usata per altri eventi. Si comportarono come normali clienti».

C’era attesa anche per un altro testimone, sino ad oggi protetto dall’anonimato, chiamato in causa dalla procura in merito alla presenza nell’hotel di una presunta mappa della Turchia sulla quale sarebbero state pianificate le azioni sovversive.

Pur non comparendo in aula, il testimone ha presentato una deposizione e affermato che l’incontro ad Istanbul aveva riguardato soltanto sicurezza informatica e protezione dei dati personali, smentendo sia le tesi complottiste della procura, sia la presenza della famosa mappa accusatoria.

In aula era presente una nutrita delegazione internazionale di Amnesty, proveniente da Inghilterra, Germania, Francia, Norvegia e Spagna. La prossima udienza del processo è stata fissata per il 21 giugno.

Prima dell’udienza è giunto l’appello dei co-relatori per la Turchia del Consiglio d’Europa, Marianne Mikko e Nigel Evans, che hanno ribadito la richiesta di immediata scarcerazione di Kiliç: «Sollecitiamo di nuovo le autorità turche affinché si assicurino che diritti e libertà fondamentali vengano garantite e si ponga fine ai continui arresti di coloro che esprimono dissenso e opinioni critiche, un fatto che non può di per sé costituire reato».

I due relatori hanno sollevato l’attenzione sugli arresti dei membri dell’Associazione dei medici turchi e delle altre centinaia di persone che hanno contestato la guerra che la Turchia ha portato nel cantone curdo siriano di Afrin.