Il 15 giugno del 2012, nei pressi di Curuguaty, in Paraguay, un presunto scontro tra contadini senza terra e polizia provoca 17 morti. Allora, una sessantina di famiglie occupa 2.000 ettari di terreno, provocando la feroce reazione del latifondista Blas Riquelme, che vanta (senza averne) diritti su quel terreno. Intervengono i reparti speciali che sgomberano con violenza le famiglie. Un episodio utilizzato dalla destra come argomento principe per destituire a tempo di record il presidente in carica, Fernando Lugo, con un «golpe istituzionale» che metterà fine alla breve parentesi di governo progressista nel paese.

Secondo la versione ufficiale, i contadini armati hanno teso un’imboscata alla polizia con l’appoggio dell’Esercito del popolo paraguayo (Epp) e la polizia si è vista costretta a reagire. Per quei fatti, il 9 ottobre vengono arrestati e incriminati 12 contadini: per associazione criminale, invasione di proprietà privata, omicidio e altri gravi capi d’imputazione.

Un’operazione illegale e un processo da annullare, secondo la difesa e le organizzazioni umanitarie: perché le terre appartengono allo stato, perché l’istruttoria è stata portata avanti nonostante l’assenza di prove e perché sono stati violati i diritti dei detenuti, che hanno sempre proclamato la loro innocenza. Cinque di loro, nel mese di febbraio hanno effettuato un lungo sciopero della fame. Inoltre, il 21 giugno, l’ex presidente Federico Franco, all’origine della destituzione di Lugo, ha ammesso che il massacro di Curuguaty è stata una provocazione. Per questo, un folto gruppo di organismi e associazioni si è mobilitato con un appello internazionale contro il processo farsa che è iniziato ieri. I firmatari chiedono la liberazione dei contadini e il rispetto dei diritti umani.

In Paraguay – un paese di 6,7 milioni di abitanti – sono almeno 300.000 le famiglie di contadini poveri che non hanno accesso alla terra. La prospettiva che potesse essere approvata una riforma agraria ha provocato contro Lugo la reazione dei poteri forti, che prosperano sulle crescenti disuguaglianze sociali e scatenano le milizie private a reprimere i tentativi di protesta. Ieri, anche il Parlamento del Mercosur (Parlasur) ha messo al centro della discussione la questione del mancato rispetto dei diritti umani in Paraguay, sempre più grave dopo l’arrivo al governo del presidente Horacio Cartes. I parlamentari hanno convocato una riunione specifica che porterà alla redazione dell’Informativa annuale sulla situazione dei diritti umani negli stati che fanno parte del Mercosur. Mercoledì 9 luglio si svolgerà un primo incontro nella capitale Asunción.

La decisione del Parlasur è stata presa a seguito delle numerose denunce che quotidianemente danno atto di violenze e brutalità commesse ai danni dei settori popolari che patiscono le conseguenze delle politiche neoliberiste. Negli ultimi mesi, si sono moltiplicate le proteste delle organizzazioni sindacali, contadine e indigene, la cui repressione sarà oggetto d’indagine da parte del Parlasur. Il 20 marzo scorso, il gruppo del Partito democratico progressista (Pdp) ha presentato al Senato una serie di fotografie di contadini morti e ammanettati, evidentemente vittime di esecuzioni sommarie.

Il 22 giugno del 2012, il colpo di stato «istituzionale» contro l’ex vescovo dei poveri Fernando Lugo: «A due anni da quel golpe – ha dichiarato il presidente del Frente Guasu, Anibal Carrillo – le forze conservatrici hanno recuperato tutto il potere, sostenute dalle grandi imprese multinazionali».