La data che Priorità alla scuola ha scelto ieri per riprendere la mobilitazione con i Cobas, il comitato nazionale dei precari della scuola (Cnps), Rifondazione comunista, Potere al popolo ha coinciso con il primo giorno di scuola in Puglia – una delle regioni dove il diritto all’istruzione è stato più penalizzato nei 18 mesi di pandemia dall’invenzione della scuola à la carte del presidente Michele Emiliano (se i genitori lo ritenevano, e non il governo, il ministero dell’Istruzione e gli uffici scolastici regionali, potevano mandare i figli alla scuola pubblica). “Per due anni – sostengono gli attivisti di Priorità alla scuola – il Governo ha evitato un conflitto con le Regioni, che invece sarebbe stato doveroso; il risultato è stato l’ulteriore aumento delle già drammatiche disparità territoriali: le chiusure abusive in cui a turno varie Regioni si sono distinte” a cominciare dalla Puglia, senza dimenticare la Campania di De Luca dove si è fatta meno scuola in presenza rispetto al resto del paese.

La mobilitazione in diverse città dal Nord al Sud del paese è stata il controcanto della retorica tradizionale del governo che ha accompagnato l’inizio del terzo anno pandemico, stavolta in presenza e con una campagna vaccinale alla quale ha aderito almeno il 94% del personale docente e amministrativo (dati precedenti all’introduzione dell’obbligo del Green pass, un record che dimostra l’inutilità della pedagogia autoritaria del governo), mentre gli studenti tra i 12 e i 19 anni si stanno vaccinando a una velocità straordinaria, un atteggiamento che conferma la diffusa percezione di volere sottrarsi sia alla stigmatizzazione che li ha colpiti nei mesi scorsi (dai più piccoli ai più grandi sono stati accusati di essere “untori”) e al massacro psico-fisico che l’obbligo di seguire lezioni online nella didattica online e in presenza a singhiozzo ha provocato.

Secondo l’Istituto G. Veronesi oltre il 34% dei ragazzi tra i 12 e i 19 anni non avrebbe ricevuto alcuna dose di vaccino. Ma si tratta di un dato positivo, dato che la campagna tra i ragazzi è partita in ritardo, sia per l’iniziale mancanza delle dosi, sia per il caos creato dai governi e dai produttori di Astrazeneca, vaccino inizialmente dedicato solo a scuola e università e poi bloccato dopo essere stato iniettato da centinaia di migliaia di persone tra docenti e personale amministrativo. In attesa che i numeri crescano ancora, la situazione rende nei fatti ancora necessaria all’interno delle scuole l’adozione delle distanze, le mascherine e tutti le altre regole della prevenzione dei contagi che, al momento, hanno riportato in didattica a distanza un centinaio di classi in tutto il paese, più di una trentina nel milanese.
“La scuola ha subito l’ennesima stigmatizzazione, quale luogo del contagio per eccellenza, condizione smentita dai dati (sulla base dei quali, anzi, la scorsa primavera numerosi comitati hanno vinto ricorsi contro il buon fondamento delle chiusure). Il personale scolastico si trova a sperimentare obblighi inesistenti in altri luoghi di lavoro, e su di esso si scaricano le responsabilità del malfunzionamento del sistema scolastico” sostiene Priorità alla scuola.

Il problema strutturale è quello dell’organizzazione degli spazi a disposizione e la creazione di quelli nuovi. Rivendicazione avanzata sin dall’inizio del movimento (aprile 2020) che ieri Priorità alla scuola e gli altri soggetti hanno ribadito: il massimo degli studenti per classe deve essere venti, 15 in presenza di alunni diversamente abili. Per quanto riguarda la prevenzione della diffusione del virus Priorità alla scuola chiede “un protocollo di sicurezza unitario e non discriminatorio su tutto il territorio, corrispondente al livello pandemico. Le scuole dovranno essere, qualora il livello pandemico lo richieda, sempre le ultime a chiudere e le prime a riaprire, sulla base della percentuale dei ricoveri e non dei contagi. Inoltre, chiediamo la reperibilità e gratuità di tamponi, preferibilmente distribuiti all’interno delle mura scolastiche, per tutta la comunità scolastica su tutto il territorio”. I Cobas precisano: “Sì alla campagna di vaccinazione volontaria e No al green pass a scuola con sanzioni incostituzionali”.

Capitolo precarietà. Dev’essere ridotta drasticamente (in Italia è il 30% superiore rispetto alla media europea), con l’assunzione dei docenti che hanno superato le tre annualità di servizio su materia e sostegno. Tutti i governi, e il ministero dell’Economia che tiene in mano la borsa di quello dell’Istruzione, sfruttano questo escamotage per funzionare a basso costo. Per quanto riguarda invece il personale assunto i Cobas scuola ricordano che sul tavolo c’è ancora un contratto nazionale scaduto da tre anni. Parliamo degli stipendi più bassi, in proporzione, in Europa, calato del 20% negli ultimi decenni. Si tratta di recuperare almeno il potere d’acquisto ma nemmeno su questo si è riusciti a trovare una soluzione, nonostante le promesse del governo Conte 2 che riuscirono a fare ritirare uno sciopero già indetto dai maggiori sindacati del settore. Senza tuttavia portare a risultati tangibili oltre gli aumenti modesti.

I trasporti sono lo spettro che attraversa tutte le discussione sulla scuola nella pandemia e che nessun governo – ormai siamo al secondo – sembra essere riuscito a risolvere (al netto degli annunci). Per il momento è in Puglia, e in particolare a Bari e provincia, che si sono registrate ancor prima dell’inizio dell’anno, le proteste contro i doppi turni di entrata al mattino (8 e 9,40) stabiliti dal prefetto e contestati anche da alcuni dirigenti scolastici, oltre che dagli studenti e dai sindacati.

Alla mancanza di una programmazione, e di iniziative strutturali alla luce della condizione pandemica in cui si muove anche la scuola, si aggiunge quella di redistribuzione delle risorse tagliate sin dai tempi della Gelmini e mai più rifinanziate da allora (2008-2010). I due miliardi e più investiti a pioggia nell’emergenza-virus non hanno portato a una significativa inversione di tendenza. Anzi, nel piano di ripresa e resilienza si conferma l’impostazione della scuola neoliberale basata sulle competenze addestrative. Ancora ieri il ministro Bianchi, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno scolastico a Pizzo Calabro, ha sottolineato il contributo di 1,5 miliardi sugli istituti tecnici superiori, parti di un piano generale che conferma l’ispirazione culturale delle riforme degli ultimi vent’anni. Priorità alla scuola chiede che “la spesa pubblica ordinaria per la scuola sia incrementata di un punto percentuale di PIL (portando finalmente questa voce di spesa almeno alla media europea)”.

«La scuola è stata la prima a dover chiudere» ma ora, con le vaccinazioni, «questo non deve più accadere» ha detto il presidente della Repubblica Sergio Matterella durante, a Pizzo Calabro.