Mentre il presidente del Consiglio Mario Draghi «spera» di riaprire le scuole fino alla prima media anche nelle zone rosse dal 7 aprile, domani il movimento «Priorità alla scuola» torna a manifestare in 60 città, ha organizzato uno sciopero nazionale contro la didattica a distanza (Dad) e chiede una «riapertura in presenza e in sicurezza» di tutte le scuole, «dal nido all’università, non oltre il 7 aprile».

I Cobas hanno chiamato a loro volta uno sciopero sia nella scuola che nel trasporto pubblico locale e, insieme a «Priorità alla scuola»,manifesteranno anche a piazza Montecitorio a Roma dalle 10. A Milano è prevista una manifestazione alle 17.30 in piazza XXIV Maggio; a Napoli alle 10 in piazza Dante; a Firenze alle 9.30 in piazza Santissima Annunziata. Alla protesta si è unito anche il Coordinamento Nazionale Precari Scuola. Oltre a una riapertura in sicurezza con un sistema di tracciamento, una medicina scolastica, un sistema dei trasporti perlomeno all’altezza, Priorità alla scuola fa anche un discorso di prospettiva su tutta l’istruzione e la ricerca: «Una parte consistente del Recovery Fund -piegano gli attivisti docenti, genitori e studenti – dev’essere riservata al rilancio dei servizi educativi per l’infanzia, per la scuola dell’obbligo, le superiori di secondo grado e la spesa pubblica annua va aumentata almeno ai livelli della media europea: il 5% del Pil».

«Il primo urgente provvedimento di riforma riguarda l’immediata riduzione del numero di alunni/e per classe, fissando un tetto massimo di venti, abolendo ogni possibilità di accorpamento per le classi successive». E poi c’èil capitolo delle stabilizzazioni. Il prossimo anno scolastico registrerà un nuovo, drammatico, record di precarietà dei docenti e del personale Ata. Si parla di oltre 200 mila persone, un quarto del personale. Si tratta di un problema che l’attuale governo non sembra avere preso in debita considerazione.

Le manifestazioni con lezioni all’aperto, davanti ai cancelli degli istituti e nei presidi di domani chiedono che i fondi del Recovery Fund non siano dispersi nel progetto di aziendalizzare l’istruzione tecnico-professionale sul modello tedesco, ma che siano utilizzati per «un piano di assunzioni e di stabilizzazione dei docenti precari, adeguamento degli spazi e degli edifici scolastici, con ripristino di vecchi edifici e realizzazione di nuovi».

Piero Bernocchi, portavoce dei Cobas, denuncia «l’inerzia» del governo, e del ministro dell’istruzione Bianchi, sulla scuola. «Misuriamo la massima distanza tra le parole e i fatti». «In pandemia luoghi sicuri non esistono, ma con la vaccinazione e una radicale riorganizzazione le scuole sarebbero comunque luoghi più sicuri di tante fabbriche e uffici, o dei bus ridotti all’osso o dei supermercati, soprattutto per chi ci lavora». Con Cechia, Slovacchia e Macedonia, l’Italia è l’unico paese europeo ad avere chiuso la scuola per più settimane: 29. Un primato giustificato questa volta con il fatto che i contagi della variante inglese colpiscono i più piccoli. «Mancando studi certi sul tracciamento dei contagi e il numero delle quarantene, così come dichiarato dallo stesso Miozzo (ex CTS, ora Ministero dell’istruzione) la chiusura delle scuole è una decisione politica» sostiene Priorità alla scuola in un appello pubblicato sul sito Euronomade.info.