Alle 13,17, con tre quarti d’ora di ritardo rispetto al previsto, è iniziato ieri il processo, destinato a diventare «storico» e quindi filmato in via eccezionale per i posteri, ai 14 imputati presenti (su 20, 5 sono dati per morti) per aver partecipato, con diverse responsabilità, agli attentati della serata del 13 novembre 2015. In tre ore e 3 minuti hanno causato la morte di 131 persone e il ferimento di più di 400, in tre attacchi, dallo Stade de France a 5 bar-ristoranti del 10° e 11° arrondissement e al Bataclan.
Enorme emozione fin dalla mattinata, nelle file per entrare al vecchio palazzo di giustizia dell’Ile de la Cité, nell’aula di 750 mq costruita ad hoc (destinata ad essere utilizzata solo fino al 2023), sotto il controllo di 630 poliziotti.

DOPO LE PRIME FORMALITÀ, subito lo strappo: il principale imputato, Salah Abdeslam, l’unico sopravvissuto dei tre commandos che hanno infierito su Parigi, ha fatto capire di non riconoscere la legittimità dei giudici, della giustizia degli uomini su atti compiuti in nome di dio. Interrogato sulle generalità, Abdeslam ha affermato: «Prima di tutto ci tengo a testimoniare che non c’è altro dio all’infuori di Allah e che Maometto è il suo messaggero». Il presidente del tribunale della Corte d’assise speciale, Jean-Luis Pérès, su questo ha risposto «vedremo dopo». L’imputato ha rifiutato di dare le generalità dei genitori: «I nomi di mio padre e mia madre non hanno niente a che vedere con questa storia». Alla domanda sulla sua professione, Abdeslam ha risposto: «Ho abbandonato tutto per diventare un combattente dello Stato islamico».

IL PROCESSO GIUDICA DEGLI ATTI e degli uomini non un’ideologia, sarà questa una delle maggiori difficoltà. Pérès ha ricordato in poche parole solenni in apertura dell’udienza «l’importanza dei diritti della difesa». C’è stata un’interruzione nel pomeriggio per un malore di uno degli accusati e Abdeslam ha reagito: «Siamo trattati come cani, ma dopo noi saremo resuscitati e voi dovrete rendere dei conti».

Ieri Abdeslam, il solo a non aver innescato la cintura esplosiva nella notte del 13 novembre, è stato l’unico ad avere questo atteggiamento. «Salopard» (bastardo) ha gridato una persona delle parti civili dal fondo della sala. Le risposte di Abdeslam hanno creato grande malessere tra le parti civili, per questo rifiuto di cooperazione. Per l’ex procuratore François Molins, il processo deve dare la possibilità «alle famiglie delle vittime di capire cosa è successo», di «costruire una memoria collettiva riaffermando i valori di umanità e dignità nella società dove viviamo».

IL 28 SETTEMBRE inizieranno le testimonianze degli scampati, che proseguiranno per 5 settimane. A novembre ci saranno importanti testimoni, come l’allora presidente François Hollande, che ieri in un’intervista ha affermato che i membri dei commando erano «schedati e noti ai servizi». Abdelhamid Abaaoud, il capo del “gruppo Omar” che ha attaccato i bar e fatto 39 morti, avrebbe potuto essere arrestato al suo passaggio in Grecia proveniente dalla Siria, se i collegamenti tra servizi segreti europei (Grecia, Belgio, Francia) avessero funzionato.