La notizia dell’accordo tra il Vaticano e lo Stato di Palestina, una breaking rilanciata in pochi secondi da tutte le agenzie del mondo, è arrivata ieri mentre Benyamin Netanyahu constatava con soddisfazione il voto favorevole della Knesset all’allargamento del numero dei ministri che faranno parte del prossimo governo. Il premier israeliano annuncerà in tempi stretti la lista dei ministri ma l’esecutivo che mette insieme il suo partito Likud, gli ultranazionalisti e partiti religiosi ortodossi, dovrà gestire un quadro internazionale poco favorevole, almeno in apparenza, alle politiche di Israele nei Territori palestinesi occupati. Non sorprende perciò che, all’annuncio della Santa Sede, Israele abbia replicato manifestando la sua forte “delusione” per una decisione che, a parere del ministero degli esteri, non contribuirebbe «a riportare i palestinesi al tavolo delle trattative». Una reazione attesa dal Vaticano che ha fatto con attenzione, e determinazione, le sue mosse ed è andato avanti fino alla realizzazione una intesa tanto ampia ed articolata che i palestinesi non possono vantare neppure con i “fratelli” arabi.

 

Non è stato l’unico colpo ricevuto dal primo ministro israeliano perchè, sempre ieri, importanti esponenti europei membri dello “European Eminent Person Group” –   che include fra gli altri due ex ministri degli esteri francesi, Hubert Vedrine e Roland Dumas, gli ex primo ministri francese Michel Rocard e irlandese John Bruton, e lo spagnolo Javier Solana, un ex segretario generale della Nato – hanno inviato una lettera all’Alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, attesa la prossima settimana in Israele e Territori occupati, che si dicono delusi per i risultati conseguiti dalla mediazione Usa ed invocano un approccio più deciso da parte dell’Ue nel conflitto israelo-palestinese. Netanyahu, scrivono, «ha poca intenzione di negoziare seriamente la soluzione dei Due Stati nel contesto del governo che sta costituendo». «L’Europa – si legge nella lettera – non ha ancora trovato un modo efficace per rendere Israele responsabile del modo in cui mantiene l’occupazione. È tempo di dimostrare seriamente alle due parti quanto l’opinione pubblica europea consideri le violazioni della legge internazionale, la perpetuazione di atrocità e la negazione di diritti acquisiti». «Nascondersi dietro la leadership americana» è allo stesso tempo «poco produttivo e poco edificante», concludono i firmatari, secondo i quali anche crisi «apparentemente più urgenti» come quelle in Siria, Yemen, Iraq e Libia possono essere «una scusa», dato che «il contesto della Palestina è di 47 anni di occupazione militare».

 

Il testo dell’accordo globale ieri a Roma ha un preambolo e un primo capitolo sui principi e le norme fondamentali della collaborazione tra Vaticano e Palestina. Si esprime l’auspicio per una soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi nell’ambito del principio dei Due Stati e delle risoluzioni della comunità internazionale. Segue un secondo capitolo sulla libertà religiosa e di coscienza, «molto elaborato e dettagliato», spiegano al Vaticano. Ci sono poi altri capitoli su diversi aspetti della vita e dell’attività della Chiesa nei Territori palestinesi sotto occupazione israeliana. Senza dubbio l’accordo costituisce un chiaro riconoscimento da parte vaticana allo Stato di Palestina, in continuità con quanto la Santa Sede aveva affermato già il 29 novembre 2012, al momento della risoluzione Onu che riconosceva la Palestina quale Stato osservatore non membro delle Nazioni Unite. «Lo stesso giorno – ricordava ieri sull’Osservatore Romano mons. Antoine Camilleri, sottosegretario vaticano per i Rapporti con gli Stati – la Santa Sede, che ha anch’essa lo status di osservatore presso l’Onu, ha pubblicato una dichiarazione. Questa ha accolto con favore il risultato della votazione, inquadrata nei tentativi di dare una soluzione definitiva, con il sostegno della comunità internazionale, alla questione già affrontata con la risoluzione 181 del 29 novembre 1947 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la quale prevedeva la creazione di due Stati, di cui finora uno solo ha visto la luce”. Il passo compiuto dal Vaticano fa capire mons. Camilleri, rappresenta perciò un forte richiamo al rispetto del diritto internazionale e delle risoluzioni dell’Onu sulla questione palestinese. Papa Francesco riceverà sabato prossimo il presidente dell’Anp Abu Mazen che assisterà anche alla canonizzazione per la prima volta di due suore palestinesi, nate nell’Ottocento.