La sospensione del pagamento di cartelle e tributi, per il settore alberghiero, quello più colpito dalla crisi derivata dal contagio, varrà per tutto il territorio nazionale. Per gli altri settori, invece, sarà limitata agli 11 comuni della zona rossa fino al 30 aprile. La decisione è inserita nel decreto licenziato ieri dal governo, «in tempi record» sottolinea il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. L’estensione della sospensione al di fuori delle zone rosse proposta da Matteo Salvini, commenta Gualtieri, «non sarebbe utile né saggia». Il secondo dei due dl promessi dal ministro, con nuove misure di sostegno, arriverà la settimana prossima.

PER ORA CI SONO stanziamenti per le casse integrazione, per le indennità dei lavoratori autonomi e per gli stipendi dei dipendenti pubblici e accesso al fondo di garanzia per le piccole e medie imprese delle zone colpite. Il consiglio dei ministri riunito in tarda serata aveva però di fronte altre scelte difficili: le misure di prevenzione nelle attività e gare sportive, e soprattutto la richiesta di allentamento delle altre misure di sicurezza, in particolare di riaprire le scuole, da parte delle Regioni del nord-est e del Piemonte, mentre la Lombardia ha già deciso di mantenere le disposizioni restrittive per un’altra settimana.

L’allentamento delle prescrizioni emergenziali sarebbe un segnale rassicurante su quel fronte dell’immagine pubblica del Paese che appare oggi il più esposto, con conseguenze disastrose sull’economia. Ma sarebbe anche un passaggio ad alto rischio, perché la scelta giusta di provare a ridimensionare la gravità della situazione non può degenerare in rimozione. Evitare l’ampliamento del contagio resta la priorità assoluta. Un terzo focolaio acceso avrebbe conseguenze anche psicologiche gravi. Dunque il ministro della Sanità Roberto Speranza è deciso a procedere con i piedi di piombo, lasciando al Comitato tecnico l’ultima parola. E affidarsi alla scienza medica come unica bussola valida è anche il messaggio che il presidente della Repubblica ha inviato ieri al Paese.

SI SAPEVA CHE ENTRO la fine della settimana il capo dello Stato avrebbe lanciato un segnale preciso sull’emergenza Coronavirus, e quale occasione migliore del trentesimo anniversario della Fondazione Telethon, che si occupa di malattie rare? Ma chi si aspettava messaggi operativi non poteva che restare deluso. Uscite del genere non solo nello stile di Sergio Mattarella, che preferisce sempre affrontare temi generali, lasciando poi all’intelligenza di chi ascolta il compito di ricavarne il significato particolare.

Mattarella ha indicato «la conoscenza» come bussola, perché «aiuta la responsabilità e costituisce un forte antidoto a paure irrazionali e immotivate che inducono comportamenti senza ragione e senza beneficio». C’è una preoccupazione precisa dietro queste parole, che non si limita alla necessità di evitare esagerazioni e panico. C’è il timore che nel Paese venga meno la fiducia nelle istituzioni delegate a fronteggiare l’emergenza, a partire proprio dal sapere medico e scientifico per arrivare poi alle istituzioni politiche. L’invito che segue, quando il presidente parla di «unità di intenti e solidarietà» come «patrimonio per la società particolarmente in momenti delicati», è a evitare che la competizione politica condizioni ogni scelta.

È successo nei giorni scorsi, perché il fiato sul collo dell’opposizione, per quanto tutti al governo lo negherebbero con sdegno, ha invece pesato su linee di condotta che invece devono essere orientate solo da considerazioni scientifiche. Al ministero della Sanità suonano lo stesso spartito, anche se per la verità la troppo brusca sterzata del governo, da un clima da allarme estremo a una rassicurazione venata di rimozione, dalla «peste nera» a «un’influenza», dimostra che il rischio di esagerare, un po’ per insicurezza, un po’ per il condizionamento esercitato dalle polemiche dell’opposizione, non è affatto svanito.

MATTARELLA non ha fatto cenno alla difficile situazione economica. Il ministro Gualtieri minimizza: «L’economia può ripartire ed essere sostenuta». È pura retorica. La preoccupazione è invece massima, anche perché nessuno si aspetta una rapida uscita dall’emergenza. Ma per fare i conti con quel virus è ancora troppo presto.