In questo 25 aprile la piazza è tornata ad essere protagonista. Centinaia di migliaia di persone hanno sfilato, cantato, gridato il loro antifascismo. La destra, che pure aveva preannunciato la propria partecipazione, ha alla fine disertato palchi e cortei. Opportunamente, perché una presenza non accompagnata da una esplicita critica di ciò che il fascismo ha significato nella storia del Paese non sarebbe stata un riconoscimento dei valori della Resistenza ma, piuttosto, un oltraggio al patrimonio di idee e di princìpi che l’hanno animata.
Una segnalazione merita quel che è accaduto a Torino. La fiaccolata della sera del 24 aprile ha avuto una partecipazione che non si vedeva da anni e la presenza di una marea di giovani. Con un solo momento di tensione di cui non metterebbe conto parlare se non fosse rivelatore, anche, di improvvide scelte delle forze di polizia nelle modalità di gestione dell’ordine pubblico. Una decina di (isolati) provocatori “seriali” si è, infatti, intrufolata nella testa del corteo e, poi sotto il palco, con tre bandiere della Nato.
La cosa ha provocato qualche contestazione verbale che si è acuita quando un gruppo di giovani dei collettivi studenteschi ha tentato di avvicinarsi agli improvvidi nipoti di Gladio. Niente di eclatante, ma sufficiente a provocare l’intervento di una cinquantina di agenti di polizia in tenuta antisommossa che, invece di isolare i provocatori (evidentemente estranei alla manifestazione e al suo significato) ha manganellato chi li contestava… Fatto di non grande rilievo si è detto, ma che getta un’ombra sinistra sul prossimo primo maggio.
A Torino, infatti, la festa dei lavoratori è particolarmente sentita e si sviluppa in un corteo imponente e plurale con la partecipazione vivace e colorata non solo delle forze sindacali ma di tutta la galassia dei movimenti che contestano il sistema sociale e il modello di sviluppo che lo produce. Negli ultimi anni, peraltro, il corteo, è stato turbato da incidenti, anche gravi, conseguenti all’intervento delle forze dell’ordine teso a impedire, con estrema durezza, l’accesso del cosiddetto “spezzone sociale” (composto da centri sociali, forze politiche della sinistra, organizzazioni studentesche e di lavoratori, movimento No Tav e via elencando) alla piazza in cui si tiene il comizio conclusivo.
È un fatto grave che segna, tra l’altro, una rottura nel (difficile) processo verso una difesa unitaria dei diritti e delle libertà di tutte e tutti. Per questo nelle scorse settimane il neo costituito Coordinamento Antifascista torinese ha chiesto alle organizzazioni sindacali (promotrici del corteo) di attivarsi presso le forze di polizia al fine di evitare che ciò avvenga anche quest’anno, in un contesto già di per sé assai delicato per la crisi economica, le connesse tensioni sociali e il clima di crescente repressione che si respira.
«Non abbiamo mai messo in dubbio – si legge nella lettera del Coordinamento – e non lo facciamo ora che in presenza di reati competa alle forze dell’ordine intervenire per evitarne la prosecuzione ma siamo convinti che l’esercizio delle libertà fondamentali (anche quelle di dissentire e di contestare) sia componente essenziale della democrazia e incontri il solo limite del ricorso alla violenza. Riteniamo, conseguentemente, che siano inaccettabili interventi preventivi di polizia finalizzati ad impedire ad alcuni l’accesso a piazza San Carlo (o ad altra parte del percorso del corteo) e non imposti dalla commissione di reati».
In questo contesto l’improprio intervento di polizia al termine della fiaccolata del 24 aprile a Torino è un segnale inquietante. L’operato delle forze dell’ordine non è mai casuale (e, soprattutto, non avviene senza input e garanzie di copertura dell’amministrazione centrale e del ministro dell’Interno). Il primo maggio a Torino sarà, dunque, un banco di prova importante delle strategie del governo in tema di gestione dell’ordine pubblico su cui è fondamentale la vigilanza di tutte e tutti.