Ora i primi esuberi dell’era Stellantis sono ufficiali. E colpiscono la Sevel di Atessa, la fabbrica più grande (6.200 lavoratori) e più in attività in Italia, lasciando immaginare altri esuberi in tutti gli altri stabilimenti dell’ex Fca che da anni sono in cassa integrazione e non hanno mai visto concretizzarsi la promessa della famiglia Agnelli di piena occupazione.
Ieri, dopo che da settimane i sindacati denunciavano la mancata stabilizzazione di 150 interinali e con lo spettro della delocalizzazione del Ducato in Polonia, l’azienda ha comunicato che dal 27 settembre saranno ridotti da 18 a 15 i turni settimanali, che verrà interrotta la trasferta di 650 cassintegrati provenienti dagli altri stabilimenti e che si chiude il rapporto di somministrazione di 300 dei 750 presenti in azienda: totale 1.100 esuberi. Stellantis motiva la decisione con «la carenza di semiconduttori», in particolare un chip malese.
I sindacati sono sul piede di guerra. La Fim, che per prima aveva annunciato sciopero e che domani a Torino terrà un convegno col governo e Stellantis, chiede a Draghi di intervenire. Parlano di «1.100 esuberi inaccettabili» e annunciano «assemblee per preparare lo sciopero» Francesca Re David e Michele De Palma della Fiom. «Il governo non può più fare da spettatore mentre l’automotive precipita», dicono Rocco Palombella e Gianluca Ficco della Uilm.