Il primo convoglio di aiuti, 46 camion di cibo e medicinali, è entrato ieri a Ghouta est. Ad annunciarlo è l’Onu che spera in un secondo carico da recapitare l’8 marzo nell’enclave siriana, dal 2013 sotto assedio interno ed esterno.

A una settimana  dall’annuncio della pausa umanitaria da parte della Russia, arrivano i primi aiuti per 27.500 civili, ridotti letteralmente alla fame. L’Onu, però, non si dice del tutto soddisfatta: mentre i camion entravano, risuonavano i boati delle esplosioni e, secondo un funzionario dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, parte delle medicine sarebbe stata confiscata dal governo.

La Croce Rossa ha confermato il blocco di alcuni equipaggiamenti medici, senza però fornire dettagli sui responsabili, mentre il generale russo Zolotukhin, di stanza a Damasco, accusa le opposizioni di perquisizioni nelle case e della confisca di «cibo e pass per i corridoi umanitari», indicando in 100mila i permessi di uscita finora consegnati ai residenti di Ghouta.

Nelle stesse ore le truppe di Damasco avanzavano via terra, riprendendo il 30-35% del territorio controllato da cinque anni dalle opposizioni islamiste. L’avanzata le ha portate a poca distanza da Douma, principale centro della Ghouta orientale, ed è stata accompagnata dalla fuga di 2mila civili, verso sud.

Sarebbero i primi a fuggire dall’enclave, duramente colpita da bombe e missili nelle ultime due settimane: sarebbero oltre 700 i morti secondo le opposizioni, a cui vanno aggiunte decine di vittime fuori da Ghouta est, colpite da razzi e colpi di mortaio islamisti.

Si muore anche ad Afrin, il cantone curdo-siriano dimenticato dai media e sotto attacco della Turchia dal 20 gennaio. Ieri raid turchi (no stop da oltre 48 ore) hanno ucciso 13 civili a Jinderese, tra loro tre bambini. Nel mirino dell’aviazione alcune case private. Si avvicina così ai 200 morti il bilancio dei civili uccisi in sei settimane di offensiva militare turca.

Ma Ankara si muove anche al di fuori dei confini siriani: il governo turco ha chiesto ufficialmente alla Germania l’arresto e l’estradizione del leader curdo-siriano Salih Muslim, a Berlino per una manifestazione. Muslim era stato arrestato dieci giorni fa a Praga per essere poi rilasciato dal tribunale. Ma su di lui pesa ancora il pericolo dell’estradizione in Turchia.