Non è un nuovo decreto ma un’ordinanza del ministro della Salute, Roberto Speranza, arrivata al termine di un confronto con Regioni e protezione civile e ancora prima di un vertice tra Conte e i capidelegazione al governo.

La stretta riguarda soprattutto le escursioni fuori da casa. Non sarà tassativamente proibito uscire o fare sport, ma bisognerà farlo rigorosamente da soli e sempre intorno a casa.

Parchi e giardini pubblici saranno chiusi ovunque, resteranno aperti invece supermercati e alimentari anche nel weekend.

È prevalsa l’opinione di chi riteneva la chiusura un rimedio peggiore del male: invece di indurre rarefazione la serrata avrebbe spinto masse di cittadini a dare l’assalto per fare scorta. Chiusi tutti i pochi bar ancora aperti, come quelli nelle stazioni, a eccezione dei locali sull’autostrada, indispensabili per i camionisti: però forniranno solo cibo da asporto.

VIETATO INFINE lo spostamento nei giorni festivi e prefestivi verso le seconde case. «È necessario fare ancora di più per contenere il contagio. Garantire un efficace distanziamento sociale è fondamentale», spiega Speranza. A far rispettare le restrizioni saranno in molte aree i militari. Il governatore lombardo Fontana, che aveva chiesto a voce alta l’esercito, è soddisfatto per la scelta, non per le dimensioni del contingente: «Sono 114. Ci vorrebbe almeno uno zero in più».

NON È AFFATTO DETTO che il nuovo giro di vite sia l’ultimo. Speranza, il più deciso nel chiedere nuove restrizioni, avrebbe voluto qualche misura in più. Conte resiste. Vuole aspettare il 25 marzo per emanare un decreto della presidenza del consiglio.

Ufficialmente solo perché è quella la data di scadenza del dpcm attualmente in vigore. In realtà soprattutto perché intorno al 24-25 marzo sarà possibile valutare gli effetti delle misure già assunte.

I dati di ieri sono contraddittori. Per quanto riguarda le vittime sono catastrofici: 627 morti. Anche i nuovi contagi sembrano continuare a impennarsi, quelli di ieri sfiorano i 6mila: 5.986 nuovi positivi. Ma l’indicatore delle terapie intensive è invece positivo: sono salite del 6% rispetto al 10% del giorno precedente.

«Le misure funzionano», assicura il capo della Protezione civile Borrelli. Decessi e nuovi casi di positività sarebbero infatti da addebitarsi alla fase precedente le restrizioni. È un auspicio, non una certezza. Se non si realizzerà, Conte dovrà decidere nuove misure e affrontare il capitolo che il governo non vuole aprire: quello delle attività produttive.

ALLA LOMBARDIA l’ordinanza non basta. Le richieste spedite nero su bianco dal «fronte compatto» composto dal governatore lombardo Attilio Fontana e dai principali sindaci della regione vanno molto oltre la stretta di ieri. Vogliono la chiusura di tutti i negozi tranne gli alimentari, degli studi professionali, degli uffici pubblici, dei cantieri temporanei.

Ma la chiusura delle fabbriche, quella non la chiede neppure Fontana. Gli operai sono sacrificabili per tutti.

Con l’ordinanza di ieri il governo cerca anche di uniformare le scelte delle singole regioni, con direttive uguali per tutti. Ma per ora quella linea di comando univoca e compatta è solo un desiderio che con la realtà non ha niente a che vedere.

Anche perché lo stesso governo invia messaggi opposti.

Il ministro per le Regioni Boccia insiste perché si metta fine alle ordinanze regionali in ordine sparso. Il viceministro dell’Economia Misiani invita Fontana «ad adottare le misure più restrittive che ritiene necessarie, come stanno già facendo Emilia e Veneto». Detto fatto, già ieri sera la Lombardia ha deciso di chiudere i tabaccai.

LO STESSO GOVERNO segnala che spetta alle amministrazioni locali il compito di far rispettare i divieti. Ciascuno, evidentemente, come crede.

A Roma la sindaca Raggi dispone posti di blocco nelle strade che portano al mare per evitare le tentazioni del week end mentre sul dispiegamento dell’esercito nella Capitale si deciderà la settimana prossima.

La polizia locale rincara: «I veicoli devono essere tutti accodati e sottoposti a controllo». Difficile evitare la sensazione che il governo faccia quel che può per mantenere il controllo, ma riuscendo solo in parte a essere davvero «cabina di regia».