«È evidente che ciò che è successo con la Grecia potremmo definirlo un ‘avviso ai naviganti’, nella forma di un castigo a un governo che ha osato mettere in discussione il potere assoluto che regge i destini dell’Europa, e cioè il potere finanziario»: così Ignacio Fernández Toxo, segretario generale delle Comisiones Obreras in un’intervista apparsa sul quotidiano digitale Público.es. L’opinione del leader del principale sindacato spagnolo è condivisa da tutta la sinistra iberica: a Bruxelles si è voluta punire Atene per mandare un segnale fortissimo a Madrid. «Guai a voi se fate come i greci»: questo è il messaggio agli spagnoli di Angela Merkel e compagnia.

Il centro della scena, ora, si sposta: dal Mediterraneo orientale a quello occidentale. La data da segnare sul calendario non c’è ancora, perché le elezioni non sono state ufficialmente convocate: la legge impone di non farle oltre il 20 dicembre, per la maggioranza degli analisti saranno il 22 o il 29 novembre. Salvo che il governo decida di anticiparle – opzione possibile, ma che attualmente non sembra probabile.

I sondaggi fotografano una situazione molto incerta: secondo l’ultima inchiesta di opinione dell’istituto Metroscopia, pubblicata dal quotidiano El País, il Partido popular (Pp) del premier Mariano Rajoy otterrebbe il 23%, in leggero vantaggio sui socialisti del Psoe (22,5%) e Podemos (21,5%). Distanze molto risicate, che significano che la partita è apertissima.

Gli schieramenti in campo sono definiti, ma non del tutto.

A sinistra il cantiere è ancora aperto, e proprio in questi giorni si dovrebbero sciogliere gli ultimi nodi. Se è sicuro che il Pp e il Psoe si presenteranno con le loro insegne e i rispettivi leader, Rajoy e Pedro Sánchez, Podemos sta decidendo il da farsi: entro mercoledì gli iscritti dovranno stabilire, attraverso una consultazione online, se la linea della direzione nazionale è quella giusta oppure no. E cioè: liste unitarie con le forze regionaliste di sinistra solo in alcuni territori (Catalogna, Valencia, Galizia e Baleari), e porta chiusa all’accordo nazionale con Izquierda unida (Iu).

Pablo Iglesias e la maggioranza del gruppo dirigente di Podemos sono convinti che questa ipotesi sia preferibile a quanto propone invece il giovane leader di Iu, Alberto Garzón, fautore di un accordo «di unità popolare» nell’intera Spagna. Il motivo? Il fronte unico di sinistra indebolirebbe la narrazione (e la strategia elettorale) di Podemos, incentrata sul superamento dell’asse «destra-sinistra» e preoccupata di non confondersi con la sinistra radicale tradizionale.

Il disegno di Iglesias incontra però dubbi e resistenze in settori politici affini. Anche all’interno di quelle forze regionaliste – Iniciativa per Catalunya, Compromís a Valencia, la Marea in Galizia – che si sono rese disponibili a creare liste unitarie con Podemos si levano voci che chiedono di andare incontro alla richiesta del leader di Iu Garzón. Che, da par suo, sta lavorando Podemos ai fianchi, cercando di aumentare il consenso intorno alla sua ipotesi: a tal fine è nata la piattaforma Ahora en común, con personalità esterne a Iu, con l’esplicito obiettivo di favorire «l’unità popolare» nelle urne di autunno. L’esito della consultazione online della base di Podemos sarà determinante. Da quel voto via web emergerà anche il nome ufficiale del candidato premier della formazione: la vittoria di Iglesias è scontata.

A settembre il test catalano

In gran subbuglio è anche il mondo politico regionale catalano: lì il voto per la Comunidad autónoma sarà a settembre. Sarà un test importantissimo non solo in vista delle elezioni politiche successive, ma anche per lo specifico della vicenda catalana: in particolare, i cittadini della regione di Barcellona saranno chiamati a pronunciarsi, di fatto, sulla possibilità della secessione. Il fronte indipendentista guidato dal governatore uscente Artur Mas, infatti, ha siglato un’intesa che lo porterà a presentarsi con una sola lista: la sua eventuale vittoria significherà un sì politico al distacco da Madrid.

A contrastare gli indipendentisti uniti – di destra (Mas) e di sinistra (Esquerra republicana) – ci sarà la lista di Podemos e della sinistra eco-socialista di Iniciativa per Catalunya, che non rifiuta il «diritto a decidere» dei catalani, ma contesta modalità e finalità del disegno del governatore uscente. Anche in questo caso, la partita è apertissima.