Il Pd aspetta… le primarie del 28 settembre in Emilia. A seconda dell’esito e dell’affluenza (statuto alla mano), Venezia deciderà sull’investitura del candidato di centrosinistra. Un flop della partecipazione sarebbe perfino peggiore dell’inchiesta sul Mose, che ha messo a nudo il «sistema Consorzio Venezia Nuova» e le connessioni con i vertici Pd, i professionisti di fiducia e le cooperative.

In teoria, il sindaco della svolta ci sarebbe. È Felice Casson, 61 anni, senatore vicino alle posizioni di Civati, ex magistrato che si è occupato di Petrolkimico, Gladio, Tangentopoli e del rogo della Fenice. Un profilo che si sposa con le migliori garanzie di trasparenza amministrativa e autonomia dalle lobby di potere. Casson piace soprattutto all’ala sinistra della coalizione, ma sconta il precedente del 2005 quando vinse il primo turno (37,7% dei voti contro il 23,3% di Massimo Cacciari candidato dalla Margherita) per poi perdere il ballottaggio di una manciata di preferenze (62.974 contro 64.314). Mezzo partito veneziano lavora proprio contro Casson, indigeribile fra i giovani renziani che scalpitano e tutt’altro che gradito a ciò che resta dei «bersaniani».

Un bel rebus sulla scrivania di Roger De Menech massimo responsabile del Pd veneto, Marco Stradiotto segretario provinciale ed Emanuele Rosteghin eletto in primavera dai circoli cittadini. Tant’è che finora i giochi sono stati al riparo dai veti incociati, faide di vecchia data e interessi personali. Le ambizioni non mancano: da Sandro Simionato, vice sindaco nella giunta Orsoni, a Jacopo Molina, consigliere fedelissimo di Renzi; da Andrea Ferrazzi, assessore uscente, a Pierapaolo Baretta, sottosegretario all’economia. Fuori dal Pd, invece, si affaccia Nicola Pellicani, il giornalista che guida la Fondazione dedicata al padre leader dei «riformisti» nel Pci-Pds-Ds. L’idea è che, dopo Orsoni, alla «Venezia metropolitana» serva ancora la filosofia politica di Massimo Cacciari…