Epifani smina, D’Alema attacca, e la tela di Penelope del Pd resta allo stesso punto, impigliata com’è nell’attesa di capire che farà Matteo Renzi: se deciderà – come i suoi danno ormai per certo – di partecipare alla corsa per la segreteria. Sulla scelta, il sindaco di Firenze gioca ad aumentare la suspence ispirandosi al format della tv dei «pacchi». La decisione non arriverà prima di fine luglio, quando la direzione del Pd approverà le nuove regole del congresso. Che saranno definite entro il 17 luglio, data in cui finirà il lavoro del comitato dei 19 ’saggi’. Intanto lunedì prossimo Epifani, saggio-presidente, presenterà la sua proposta. Ma ieri il segretario («traghettatore» ormai per sua stessa definizione, e così invita alla rassegnazione i suoi che gli chiedono di lanciarsi al congresso) ha rassicurato il sindaco di Firenze su un paio di condizioni poste per la candidatura: le date saranno rispettate e i gazebo delle primarie resteranno «aperti» agli elettori del Pd, purché accettino di identificarsi come tali.

Più difficile invece che resti la coincidenza fra segretario e candidato premier, peraltro già ’derogata’ proprio per Renzi all’ultima consultazione. «Chiunque si candidi lo deve fare per svolgere il ruolo di segretario, non per fare il candidato premier di elezioni che non sono dietro l’angolo», ribadisce Massimo D’Alema in un’intervista a giornali unificati, Europa e l’Unità, con solennità da grandi occasioni per certificare – una volta per tutte – il suo appoggio a Gianni Cuperlo, il candidato che definisce «più adatto», con formula da stampa internazionale. Solennità che non gli impedisce di attaccare il sindaco: « Io non ho una corrente», dice il presidente di Italianieuropei, lui invece «è il capo di una corrente, e anche particolarmente agguerrita». Né è un piccione da impallinare ma, al contrario, «ha una forza mediatica che nemmeno un cacciabombardiere americano». Di quelli come gli F35, che la prossima settimana faranno di nuovo ballare il Pd al senato.
Quanto alle regole, il cerchio magico renziano mantiene riserve sull’idea di ribaltare il congresso partendo dai territori. «Un meccanismo che smonta le filiere correntizie che da Roma e Firenze arrivano fino ai territori», spiega Stefano Fassina, papabile candidato del «correntone» bersanian-franceschiniano. Ma la mistica del territorio è argomento caduco, come dimostrano le parlamentarie, oggi definite «meccanismo che favorisce comitati elettorali» dagli stessi bersaniani che le hanno a suo tempo proposte. E il sospetto che il ribaltamento favorisca gli accordi nei territori e consegni al nuovo leader un partito «anatra zoppa» è forte.

Ma Renzi ci può stare, se accetta un pareggio win-win. E infatti nel frattempo gratifica il governo, di cui è considerato nemico, con un «Io tifo per Letta». Il contrario di quello che dice apertamente Pippo Civati, dalla sua tre-giorni di Reggio Emilia (dove incassa l’endorsement della prodiana Sandra Zampa e il quasi-endorsement di Fabrizio Barca): serve «ritirare il contingente di pace Pd dal governo delle larghe intese», per andare al voto l’anno prossimo.